“-16 giorni, perché?”
Se lo sono chiesti tutti, giornalisti e cittadini, incuriositi dal cartello che numerosi giovani hanno retto, alternandosi ogni ora, nei pressi del Senato.
16 giorni è il tempo massimo a disposizione di Senatori e Senatrici per approvare la legge delega per il voto fuori sede, trascorsi i quali si saranno esauriti i tempi tecnici per permettere a milioni di persone fuori sede di votare a distanza alle elezioni Europee di giugno. Un fatto gravissimo questo, soprattutto se si pensa che l’Italia è l’unico grande Paese europeo a non essersi dotato di una legge sul voto fuorisede.
A reggere il cartello sono i volontari e le volontarie che martedì 30 gennaio hanno preso parte alla staffetta di due giorni per il voto fuorisede promossa da The Good Lobby, Will e le 11 associazioni della Rete Voto Sano da Lontano. L’obiettivo della staffetta è ricordare ai Senatori e alle Senatrici che in Italia ci sono 5 milioni di persone che vivono, per motivi di studio, lavoro o cura, fuori dalla propria residenza e rischiano, per l’ennesima volta, di non poter esprimere il proprio diritto di voto alle prossime elezioni.
Una richiesta forte e molto partecipata quella delle associazioni e dei volontari scesi in campo, che, tuttavia, avrebbe potuto raggiungere molti più giornalisti, cittadini e decisori pubblici se non fosse stato loro impedito di svolgere la protesta, del tutto pacifica, davanti al Senato.
Il giorno prima della staffetta, infatti, la Questura ha comunicato ai promotori che l’iniziativa non avrebbe potuto svolgersi nel luogo concordato prima, ma in piazza Vidoni, “lontana dagli occhi, lontana dal cuore” e – aggiungiamo noi – lontana dagli interessi della politica. Con il beneplacito di alcuni Senatori, contattati telefonicamente dagli organizzatori, gli attivisti sono riusciti a partecipare alla conferenza stampa indetta sotto Palazzo Madama, non senza la scorta – anzi no, suona male – “l’accompagnamento” delle forze dell’ordine che, una volta terminata la conferenza stampa, li ha gentilmente riaccompagnati in piazza Vidoni. Missione compiuta, dunque, grazie “ai contatti giusti” con le istituzioni, ma una sconfitta per tutti i cittadini che rischiano di vedersi negato il diritto di protestare pacificamente – in questo caso reggere un semplice cartello – senza l’intermediazione di “quelli che contano”.
Questa intromissione delle forze dell’ordine ha snaturato l’iniziativa, rendendo inutilmente macchinoso intercettare i Senatori. Preoccupa che simili episodi possano ripetersi anche al secondo giorno di staffetta.
“In uno stato democratico esporre pacificamente un cartello davanti un palazzo istituzionale dovrebbe essere permesso. Per la Costituzione italiana la libertà di espressione e di protesta sono diritti fondamentali, non dobbiamo dimenticarcene. In italia il 10% dell’elettorato, solo perché vive fuorisede, rischia di non poter votare e i senatori devono sentirselo dire. Se nessuno dice loro che quasi 50.000 persone che hanno firmato la nostra petizione temono di non riuscire a votare il tema dei fuorisede non diventerà mai una priorità per la politica. Non è accettabile un simile trattamento solo perché facciamo notare questa inefficienza tutta italiana. Il Senato deve approvare subito la legge” dichiara Fabio Rotondo di The Good Lobby.
Il diritto di voto e quello di protesta sono alla base di una società democratica come la nostra, eppure il primo non è mai stato garantito a 5 milioni di cittadini, l’altro è, ormai da qualche tempo, bersaglio continuo di politiche atte a criminalizzare attivisti e manifestanti. Restare immobili di fronte a violazioni di questo genere è il primo, pericoloso passo verso uno spazio civico sempre più ristretto.