Pubblichiamo il testo integrale dell’intervento del presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo a Bartoli in apertura della conferenza stampa della presidente del Consiglio di fine anno sottolineando, come ha affermato il coordinatore nazionale di Artucolo 21, Beppe Giulietti, già presidente della Federazione nazionale della stampa italiana che «Spiace la sorpresa della presidente Meloni sulla porta per la legge bavaglio: Fnsi, Ordine dei giornalisti hanno ragione a manifestare anche a davanti a Palazzo Chigi perché questo é il governo europeo che ha scagliato più querele bavaglio contro scrittori, autori, cronisti, disegnatori.
Gentile presidente,
La ringrazio per essere con noi nel tradizionale appuntamento organizzato dall’Ordine dei giornalisti e dall’Associazione della stampa parlamentare.
In questa sala ci sono alcuni banchi vuoti: per la prima volta nella storia decennale di questo tradizionale appuntamento la Federazione nazionale della stampa ha inteso disertare per protesta la conferenza stampa. Una protesta che nella sostanza condivido. Ci allarma, infatti, l’approvazione avvenuta nei giorni scorsi di un emendamento che rischia di far calare il sipario sull’informazione in materia giudiziaria. Ci preoccupano, a questo proposito, certe espressioni ingiuste e calunniose di alcuni parlamentari.
L’Italia da anni è sotto osservazione delle istituzioni europee per l’elevata mole di azioni giudiziarie intimidatorie contro i giornalisti. Per questo chiediamo di ripensare a fondo la riforma della diffamazione in discussione al Senato; una proposta che non disincentiva in maniera seria le liti temerarie e comprime invece, a nostro avviso in maniera ingiustificata, il diritto dei cittadini a un’informazione libera e approfondita. Speriamo che il Parlamento non ripeta l’errore commesso nella scorsa legislatura, quando ha approvato le norme sulla cosiddetta presunzione di innocenza: un principio sacrosanto che la legge non ha saputo difendere, ma la cui applicazione ha prodotto l’oscuramento di tantissime notizie di cronaca.
Per fortuna, recentemente la Corte di Cassazione in una chiarissima sentenza ha difeso e valorizzato il giornalismo di inchiesta. Siamo anche soddisfatti delle recenti modifiche apportate dall’Europa al Media Freedom Act a tutela dei giornalisti che non possono e non devono essere intercettati mentre svolgono il loro lavoro come purtroppo è accaduto in Italia e come è stato rivelato pubblicamente nei giorni scorsi.
Guardiamo all’Europa, alla Corte europea dei diritti dell’Uomo, alla Corte Costituzionale, alla Cassazione, ma dobbiamo prendere atto di essere descritti, da alcuni esponenti del ceto politico, come speculatori che lucrano sulle disavventure giudiziarie.
Quest’anno abbiamo ricordato i 60 anni dell’Ordine. Non una autocelebrazione, ma un momento di riflessione sulla storia del giornalismo italiano, sul suo presente e sul suo futuro. Una riflessione che ci porta a chiedere ancora una volta che il Parlamento approvi una riforma della professione che attendiamo da diversi decenni. Nell’epoca dell’Intelligenza artificiale siamo ancora inchiodati a
norme pensate e approvate il secolo scorso. Abbiamo presentato la nostra proposta, unanime, speriamo di avere l’ascolto delle istituzioni.
Questo governo si è mosso in maniera efficace nel sostegno all’editoria, in particolare nel comparto delle agenzie di stampa; un’azione importante, ma occorre fare ancora di più. È indispensabile un grande progetto di rilancio dell’industria dell’informazione. E agli editori diciamo che la strada del progresso e quella della precarietà si muovono in direzioni opposte; c’è troppo lavoro povero. Troppi compensi assomigliano più a un’elemosina che a una retribuzione. Esprimo solidarietà alle colleghe e ai colleghi dell’Agenzia DIRE per la difficile situazione in cui si trovano.
Con l’avvento dell’Intelligenza artificiale, l’Italia deve scegliere se accettare di essere tagliata fuori dal grande mercato internazionale della cultura e dell’informazione o cercare di riguadagnare un ruolo in quell’ambito nel quale si produrrà e distribuirà una fetta rilevante della ricchezza planetaria. Per farlo, occorre un’alleanza di tutti i soggetti in campo: Governo, Parlamento, autorità regolatorie, editori, nuove professionalità, giornalisti. Noi ci siamo, ma occorre fare prestissimo.
Del resto, anche editori e giornalisti sono chiamati in causa in una vicenda che, come ha ricordato il Presidente della Repubblica, mette in gioco il futuro della democrazia. Dobbiamo adottare una seria autoregolamentazione, a partire dalla trasparenza in materia di Intelligenza artificiale. I nostri lettori e ascoltatori devono sapere se e in quale proporzione i nostri contenuti sono costruiti con l’ausilio dell’Intelligenza artificiale. Trasparenza e tracciabilità dei contenuti, oltre a responsabilità e deontologia, devono rappresentare i caratteri che ci distinguono rispetto quanto viene immesso in rete sotto forma di sedicente informazione.
Gentile presidente, in questi decenni, i giornalisti non hanno esitato a rischiare la vita, e talvolta a perderla, per raccontare i delitti della mafia, i soprusi e le violenze, i crimini di guerra, gli stermini. Testimoni scomodi e poco amati, spesso divenuti bersaglio nei momenti di forte tensione sociale e negli scenari di guerra. Anche se qualcuno oggi cerca di dimenticarlo o sottovalutarlo.
Questa è la nostra storia, storia di cui siamo orgogliosi; queste sono le nostre radici innervate nei valori della Costituzione ed ispirate ai principi internazionali che ci richiamano, come cittadini e come giornalisti, ad operare in difesa della libertà e del rispetto dei diritti umani, contro ogni discriminazione.
Immagine di copertina, “La sedia vuota di Alekos Prete