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Un sentito ringraziamento a Marco Vizzardelli, lo spettatore che ieri, all’inizio del “Don Carlo” alla prima della Scala, ha gridato: “Viva l’Italia anti-fascista!”. Mal gliene incolse, tuttavia. Una frase che dovrebbe essere normale, anzi patrimonio quotidiano di tutte e tutti noi, in questa triste Italia gli è costata un’identificazione da parte della Digos. Ora, noi non ce la prendiamo con gli agenti, che svolgono il proprio dovere e non possono comportarsi altrimenti. Ce la prendiamo con chi ha dato determinati ordini, con chi è sempre più realista del re, con chi umilia ogni giorno la Costitizione democratica e anti-fascista e con chi ha sdoganato la barbarie in una Nazione che dovrebbe considerare la Rsistenza al nazi-fascismo il principio fondante del nostro stare insieme. Con ogni evidenza, non è più così. Oggi essere anti-fascisti non conviene; o, quanto meno, non conviene renderlo esplicito. Ma quando viene meno la dignità istituzionale, quando le voci libere vengono messe a tacere, quando il grido autonomo di una persona comune, cosciente dell’abisso nel quale stiamo sprofondando, viene di fatto soffocato con quella che si configura, a tutti gli effetti, come un’intimidazione, quando avviene tutto questo, rimanere in silenzio sarebbe un atto di complicità. E noi in silenzio non resteremo mai.
A Marco Vizzardelli, pertanto, un grande abbraccio. Certo, il fatto che ribadire un’ovvietà sia diventato un atto di coraggio, la dice lunga sul periodo che stiamo vivendo e su cosa potrebbe accadere se continuassimo a sottovalutare tutto questo. Chiunque minimizzi è corresponsabile.
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