Promosso e sotto inchiesta. L’esercito e il governo italiano sono attraversati da diverse stranezze. Al generale Vannacci ai primi di dicembre è affidato l’incarico di capo di Stato maggiore delle forze operative terrestri ma contemporaneamente è sottoposto a un’inchiesta disciplinare. È un indagato promosso.
Il caso Vannacci è scoppiato clamorosamente lo scorso agosto. Quando Roberto Vannacci pubblica “Il mondo al contrario” scoppia un putiferio. Nel suo libro l’alto ufficiale, cavalcando temi cari all’estrema destra, attacca a testa bassa omosessuali, femministe, immigrati, ambientalisti. Le opposizioni fanno a pezzi le sue affermazioni perché ledono i diritti umani e civili, ma anche dall’interno del governo di destra-centro si alzano critiche. In particolare la disapprovazione giunge da Guido Crosetto. Il ministro delle Difesa parla di «farneticazioni personali», annuncia una inchiesta disciplinare e il generale Vannacci è rimosso dalla direzione dell’Istituto geografico militare di Firenze. L’interessato, difeso a spada tratta da Salvini e dalla Lega, non fa una piega: rivendica il diritto a dire e scrivere in libertà ciò che pensa.
Ora, dopo oltre tre mesi, parte il secondo capitolo del confuso caso, quello di Vannacci promosso mentre l’inchiesta disciplinare procede. Il generale-scrittore non considera una promozione il nuovo incarico perché, dice al “Corriere della Sera”, «Non è un avanzamento di grado, resto un generale di divisione». Però è soddisfatto: «Avrò alle mie dipendenze tre generali di brigata e tutta una serie di colonnelli». Fonti del ministero della Difesa ridimensionano tutto: dopo la sospensione dal precedente incarico gli spettava un nuovo compito; il nuovo ruolo sarà di poca importanza perché, è la precisazione, sarà il comandante solo dei capi ufficio e non avrà relazioni di comando sulle forze operative terrestri. Certo la mossa non è delle più felici: sarà pure il comandante “solo dei capi ufficio” tuttavia è un incarico di prestigio per un alto ufficiale sotto inchiesta disciplinare.
La schizofrenia della Difesa forse deriva dai contrasti laceranti apertisi nel governo Meloni. La tensione resta altissima. Il generale Vannacci, appena ricevuta la nuova nomina, commenta con disappunto l’avvio dell’inchiesta disciplinare già annunciata da Crosetto. Non se l’aspettava. La procedura, sostiene, gli è stata comunicata dopo l’uscita sulle agenzie di stampa: «Questo episodio grave la dice lunga sulla dovuta riservatezza di chi maneggia queste informazioni».
Si profila una nuova strada: da militare a politico. È particolarmente corteggiato dalla Lega. Matteo Salvini, sempre più alla ricerca di voti di destra e di estrema destra, lo loda: è «un leale e coraggioso servitore dell’Italia e degli italiani». Entrerà in politica, accetterà una candidatura nelle elezioni europee di giugno? Vannacci lascia aperta una porta all’ipotesi: «Resto un soldato ma nulla escludo».
La candidatura del generale-scrittore può essere una buona carta di Salvini per raccogliere voti di destra. È un nuovo colpo alla stabilità del governo di destra-centro. Giorgia Meloni non la prende bene. Teme la concorrenza a destra del generale nelle liste elettorali leghiste e dentro Fratelli d’Italia c’è chi preme per un suo recupero. Antonio Tajani invece tiene ferma l’impostazione centrista di Forza Italia e lancia un invito alla prudenza.
La presidente del Consiglo incontra Salvini per un chiarimento per i troppi “strappi”. Il “Capitano” ha anche picchiato duro alla riunione di Firenze dei partiti europei di estrema destra contro chi occupa «in modo abusivo» Bruxelles, mettendo in difficoltà l’alleata che sta discutendo delicate questioni sull’economia e i migranti. Palazzo Chigi annuncia «piena sintonia» tra i due alleati ma la Meloni ammette «sfumature diverse».