Se la parola dell’anno è femminicidio

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Nel 2023 da Giulia Tramontano a Giulia Cecchettin sono tanti i nomi delle vittime di femminicidio che hanno contribuito a riaprire il dibattito sul tema della violenza contro le donne. Secondo i dati della Direzione centrale della polizia criminale aggiornati al 26 dicembre, sono 118 le vittime di femminicidio quest’anno. Di queste, 96 sono state uccise in ambito familiare o affettivo

Da qui la scelta, immaginiamo sofferta, della Treccani di scegliere “femminicidio” come parola italiana dell’anno.

Fermiamoci a riflettere: agghiacciante. Per inciso, e senza malevoli pensieri, è anche il primo anno di una donna capo di governo in Italia. Sui giornali stranieri del nostro dramma dei femminicidi si parlava già molto prima che sui nostri nostri media. Ora molto dobbiamo alla famiglia Cecchettin, alla faccia di chi polemizza anche su di loro e cerca dietrologie perfino di fronte alla disperazione di un padre. E questo non è solo agghiacciante, è vergognoso.

Ma a prima di arrivare ad ucciderle, in Italia le donne lavorano peggio e sono pagate di meno: in media guadagnano quasi 8000 euro all’anno in meno nel privato e hanno lavori meno stabili (part time), sempre meno scelti e sempre più spesso imposti.

I dati ottenibili dall’ultimo Global Gender Gap Report del World Economic Forum, dalla Banca d’Italia e da Openpolis dimostrano poi che alla minore occupazione femminile e al divario salariale (derivante soprattutto alla disparità nell’accesso alle posizioni e ai lavori meglio retribuiti), si affiancano scarsa partecipazione alla politica e poca presenza nelle posizioni di vertice sia nel mondo pubblico che nel privato.

Altra notizia clamorosa e poco nota:come conferma tra gli altri l’Istituto Superiore di Sanità, si cura la salute delle donne peggio di quella degli uomini, per cause rintracciabili a partire dal modo in cui è costruita la conoscenza medica fino a peggiori prestazioni sanitarie, anche legate a minore disponibilità di spesa.
In Italia, la situazione è in peggioramento, come anche UnionCamere sottolinea, citando la classifica Gender Gap 2023 che misura la disparità di genere, in cui l’Italia perde 13 posizioni classificandosi al 79° posto su 146.

Pensateci bene: persone che, per nascita, sono condannate a tutto questo, oggi devono anche sentirsi dire che “non dobbiamo dimenticare che la loro prima missione già a 18 anni è mettere al mondo dei figli”.

E vogliamo parlare del continuo messaggio politico che questo governo di destra, reazionario, manda contro la contraccezione, l’aborto, la scelta di vivere quando e come si vuole la maternità, la palese volontà di perseguire i bambini che non fanno parte della famiglia eterosessuale che a parole vogliono difendere e nei fatti non aiutano neppure facendo pagare un po’ meno i pannolini!

Nello scegliere questa tragedia del femminicidio come parola dell’anno voglio immaginare che la Treccani abbia pensato a quanto si sta facendo in Italia per riportare indietro di secoli le donne: non lo esplicita mai, ma diciamocelo adesso che l’anno finisce, il governo di Giorgia Meloni ha la stessa concezione del generale Vannacci delle donne che rivendicano i loro diritti, sono le nuove streghe. E dunque, come ci insegna la storia, sopravviveranno.

Buon 2024 a donne e uomii che non si arrendono, che si indignano, che praticano la disobbedienza civile, che continuano ad amare la Costituzione italiana antifascista.


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