Report di RSF, insorge il Sindacato dei Giornalisti Palestinesi: “Vuole cancellare i crimini di Israele”

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(Parigi). Reporters Sans Frontières ha pubblicato il suo report annuale sui giornalisti ammazzati nel 2023 e viene fuori il dato che ne sarebbero stati uccisi solo 45 in tutto il mondo, meno di quanti ne siano stati uccisi nel 2022. Addirittura, secondo la ong basata a Parigi, a Gaza sarebbero stati uccisi solo 13 giornalisti “on duty”, ovvero durante le loro missioni e il loro lavoro, mentre gli altri giornalisti morti sarebbero nient’altro che vittime collaterali. Insomma anche quei giornalisti che sono stati bombardati in casa con la propria famiglia perché giornalisti e quindi scomodi (la cui uccisione noi abbiamo documentato più volte su Articolo21), non sono da conteggiare secondo RSF perché non erano “on duty” in quel momento. Una lettura disarmante e fuorviante dei fatti, a nostro avviso.
Un giornalista, in qualsiasi momento, è sempre un testimone prezioso e scomodo di quanto accade nella Striscia ed ammazzarlo significa silenziare l’informazione. L’esempio del fotoreporter Muntasser Al-Sawaf è lampante: ha subito un bombardamento con tutta la sua famiglia a Gaza in cui ha perso la vita suo padre giornalista. Sopravvissuto, ha potuto raccontare la sua versione dei fatti. Una settimana dopo l’hanno ammazzato. Incredibilmente, Muntaser Al Sawaf non risulta nella lista dei giornalisti palestinesi uccisi stilata da RSF. E come lui dunque, molti altri. Puo’ mai un giornalista in un paese in guerra e sventrato dai bombardamenti come Gaza smettere di essere giornalista mentre si ferma un attimo per mangiare? Può un giornalista a Gaza non essere “on duty” mentre piovono bombe da ogni lato e l’artiglieria israeliana avanza a colpi di cannone e missili? Inoltre i metodi messi in atto da Tsahal per intimidire, ammazzare, allontanare dalle zone di bombardamento ed attacco militare i giornalisti sono tali che chiunque abbia in mano una telecamera, un telefono per documentare sia considerato sospetto, a maggior ragione se questa persona fa il giornalista di professione.

Scrive la ong:

“Secondo il rapporto annuale di Reporter senza frontiere (Rsf), il numero di giornalisti uccisi in servizio, 45 al 1° dicembre 2023, è il più basso dal 2002, nonostante la situazione in Medio Oriente. A Gaza, dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas, almeno 13 giornalisti sono stati uccisi nel corso del loro lavoro, e un totale di 56 se includiamo i giornalisti uccisi senza un evidente legame con la loro professione.

Sindacato dei giornalisti: Il rapporto di Reporters Sans Frontières “complice” dell’occupazione israeliana

E intanto il Sindacato dei giornalisti palestinese reagisce con veemenza ai numeri forniti da RSF e alla sua lettura dei fatti. “Il Sindacato dei giornalisti palestinesi, si legge in un comunicato pubblicato venerdì scorso,  ritiene che il rapporto annuale pubblicato da Reporters Sans Frontières sia complice con l’occupazione israeliana e gli orribili crimini di guerra che lsraele commette quotidianamente contro i giornalisti palestinesi in tutti i territori palestinesi, soprattutto durante le sue aggressioni e i crimini in corso contro il nostro popolo palestinese nella Striscia di Gaza”.

Nel suo comunicato il sindacato conferma che le sue statistiche sono accurate, documentate e basate su documentazione professionale e legale che segue i più alti standard nella documentazione dei crimini contro i giornalisti. Il sindacato sottolinea che i giornalisti uccisi nel bombardamento delle loro case sono stati uccisi perché erano giornalisti e non per errore, e che tutti i crimini contro i giornalisti vengono commessi in modo sistematico e per decisione ufficiale del governo occupante. Ragion  percui, si spiega, “il sindacato ritiene che il rapporto di Reporters Sans Frontières miri a cancellare l’immagine dell’occupazione dal crimine di assassinio di giornalisti palestinesi, e mira anche a proteggerlo dalla responsabilità davanti alla giustizia internazionale”.

C’è da dire che i numeri forniti da RSF sono in netto contrasto anche con quelli forniti dalla Federazione Internazionale dei Giornalisti (che parla di 71 giornalisti assassinati), e con quelli forniti dal Committee to Protect Journalists (che parla di 64 giornalisti uccisi dal 7 ottobre). Intanto il Sindacato dei giornalisti Palestinesi ha ancora una volta elogiato la decisione del Comitato Esecutivo della Federazione Internazionale dei Giornalisti, una decisione maturata nella sua ultima riunione alla fine dello scorso novembre, di rivolgersi alla Corte Penale Internazionale per perseguire il governo israeliano per i crimini commessi contro i giornalisti a Gaza. Il sindacato spiega di aver preparato un corposo faldone che contiene decine di pagine che documentano tutti i crimini commessi contro i giornalisti a Gaza e in tutta la Palestina e di aver avviato la fase di preparazione legale e di consultazione legale con gli avvocati del sindacato e la Federazione internazionale per presentare una denuncia alla Corte Penale Internazionale.  Quest’ultima però, pare ancora riluttante ad annunciare l’apertura di un’indagine sulle denunce presentate al procuratore generale, Karim Khan.

Insomma mentre si fa la guerra coi numeri e con le bombe ed un’importante ong quale RSF fa questioni di lana caprina col sangue dei giornalisti morti – dimenticando che Tsahal ha bombardato persino intere stazioni radio e di televisioni seppellendo intere redazioni ed intere generazioni di giornalisti, ha lanciato un missile contro una troupe di giornalisti che documentava gli scambi di artiglieria con Hezbollah – la battaglia tra penne e proiettili continua. Sta alla sensibilità europea ed italiana continuare a documentare quel che accade senza lasciarsi affascinare da versioni sfrontatamente edulcorate dei fatti che mirano solo ad alleggerire la posizione di chi, con il pretesto di difendersi, sta seppellendo nel sangue e nelle macerie decine di migliaia di civili.

@marco_cesario


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