I dati dello specifico osservatorio pubblicati sul suo sito dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sono piuttosto interessanti.
Emerge un quadro fatto di conferme e di qualche sorpresa.
Il punto forse di maggiore impatto è la vittoria al fotofinish di Mediaset sulla Rai, almeno fino a settembre. Parliamo di ascolti, evidentemente. Le cifre possono essere talvolta transeunti o persino ingannevoli, ma risultano utili per capire modalità e forme della fruizione. Anzi, è consigliabile per chi fa politica guardare i sondaggi elettorali insieme ai grafici dell’ascolto mediale, per cogliere meglio i ruggiti profondi della cultura di massa. Solo analizzando, ad esempio, l’offerta delle reti berlusconiane nel corso del tempo si colgono i sintomi premonitori dei vari populismi, da quello leghista ai modelli pentastellati. Come, notoriamente, successi e insuccessi del servizio pubblico contribuiscono a leggere meglio le parabole di destra e sinistra.
Torniamo ai numeri, calcolati tra gennaio e settembre del 2023. Mediaset vince con 3,03 milioni di spettatrici e spettatori nel giorno medio (37,2% di share), contro 3,01 e 37,2% del servizio pubblico. Nel corso del medesimo periodo, in verità, la televisione perde nel complesso il 2,8% rispetto all’omologo gruppo di mesi del 2022. In termini assoluti si tratta di 8,07 milioni di utenti rispetto a 8,31. Nel cosiddetto prime time si registra un -2,5%, ovvero 18,64 ml da confrontare con 19,12 già in discesa se consideriamo l’età dell’oro , che ha attraversato l’ultimo ventennio del secolo scorso.
La corsa è in discesa, visto che la Rai lascia 150.000 utenti e Mediaset 40.000. Anche nella ghiotta fascia serale, dove per poco il servizio pubblico rimane in testa (38,2% di share a 37,6%), i contatti declinano: 400.000 e 180.000.
Ai conti divulgati da Agcom ha replicato l’amministratore delegato di viale Mazzini Roberto Sergio, sottolineando che da ottobre a dicembre l’azienda da lui diretta è tornata in vantaggio con +3%. Chissà, i dati come le cose della scienza non sono mai neutri.
Stabile La7, crescono Sky (+4%) e -soprattutto- Discovery (+5,7%). A proposito di quest’ultima società, proprietaria della curiosa Real Time e della sorprendente Nove, si potrebbe dire molto sull’abilità di muoversi nel mercato, dove imperano i volti di maggior seguito accompagnati dai loro onnipresenti agenti.
Una componente rilevante delle difficoltà della Rai sta proprio nella perdita di nomi di prestigio come Fabio Fazio, Corrado Augias, Bianca Berlinguer o Massimo Gramellini, per citarne alcuni. Allo stesso tempo, vari programmi investiti della missione di introdurre una sorta di contro-narrazione alternativa alla presunta egemonia della sinistra si sono rivelati un insuccesso. Del resto, simili tentativi non costituiscono una trama progettuale, essendo solo un maldestro tentativo di imporre personaggi vicini all’ambiente governativo.
La Rai, pur piena di difetti e certamente segnata dalla lottizzazione partitica, ha quasi sempre mantenuto un livello qualitativo tramandato dalle origini (il 2024 sarà il settantesimo compleanno dell’ex monopolio) fino ai giorni nostri. E la conclamata egemonia altro non era se non la trasposizione in video dei fortunati filoni estetici della commedia all’italiana o della sperimentazione dei nuovi linguaggi culturali.
Sui dati si possono condurre valutazioni differenti, a seconda che si analizzi l’intera giornata o la prima serata. Tuttavia, la botta di immagine c’è e non è leggera.
Se fossimo ancora in età berlusconiana, a Palazzo Chigi si brinderebbe. Ora, magari, no. Fratelli d’Italia ha investito potere e immagine sulla Rai, per averne un immediato ritorno propagandistico e per collocare persone di fiducia; e anche per rimarcare autonomia dai tentacoli di Cologno Monzese. Mediaset vive oggi in una zona contigua ma competitiva, che Pier Silvio Berlusconi sta cercando di razionalizzare con immissioni meno omologate.
Quindi, l’ipotetico sorpasso – sempre che sia confermato nei prossimi mesi- non è una vittoria del governo. Anzi.
Al di là e al di sopra della vecchia televisione e con la conferma della crisi ella carta stampata, la vera novità è l’ascesa indisturbata degli Over The Top, sia nella versione tecnologicamente inesorabile della smart-tv, sia con il successo dei social. E con l’intelligenza artificiale che ha preso la scena e ingoierà i media per come li abbiamo conosciuti. Nel 2032, tra l’altro, è in prevista l’ulteriore cessione alla telefonia delle frequenze terrestri.
Insomma, le piccole percentuali di ascolto che vanno e vengono sono, ormai, sono un residuo di una conflittualità dove antichi vincitori e vinti hanno raccontato un’Italia che non si riconosce nella spirale duopolistica di una stagione vicina ma lontanissima.