Il 18 dicembre associazioni e organizzazioni della società civile di tutto il mondo si sono mobilitate nuovamente per una giornata di azione globale, con l’obiettivo di chiedere ai leader politici e alle istituzioni un “cessate il fuoco” permanente nei Territori palestinesi occupati e in Israele.
A Roma, a partire dalle ore 18 in Piazza dell’Esquilino, oltre 40 organizzazioni aderenti si sono unite per illuminare la scritta “cessate il fuoco” con più di 1000 candele. Questo gesto simbolico vuole ricordare quanto sia importante fare luce sul buio e sui crimini di diritto internazionale in corso in Medio Oriente. Altre iniziative sono previste a Bologna, Milano, Piacenza, Lucca, Lecce, Massa Marittima, Jesi (lista in aggiornamento).
Eravamo in tanti all’Esquilino: Silvia Stilli di Aoi, Marco De Ponte di ActionAid Italia, Luisa Morgantini di Assopace Palestina, Paolo Pezzati di Oxfam, Monica Minardi di Medici senza frontiere, Articolo 21, Rete NoBavaglio, CGIL, Medici senza frontiere. Al presidio anche il mondo dello spettacolo con le attrici Anna Favella, Giulia Elettra Gorietti e Antonio De Matteo.
Nella Striscia di Gaza, oltre due milioni di persone lottano per sopravvivere a una catastrofe umanitaria con un numero di vittime civili senza precedenti. Dopo una breve tregua umanitaria, durata dal 24 novembre al 1° dicembre, le ostilità sono riprese brutalmente, con incessanti bombardamenti su tutta la Striscia di Gaza, comprese le zone indicate come “sicure”.
Tra il 7 ottobre e il 14 dicembre 2023, nella Striscia di Gaza occupata, sono morte oltre 18.787 persone, il 70% delle quali erano donne e minori. Nella Cisgiordania occupata, nello stesso periodo, sono stati uccisi 278 palestinesi, di cui 70 minori. Almeno 1200 persone – per lo più civili, inclusi 36 bambini – sono state uccise in Israele il 7 ottobre.
Nella Cisgiordania occupata, raid dell’esercito e coloni israeliani causano violenze continue, trasferimenti forzati, arresti di massa e uccisioni extragiudiziali. La libertà di movimento è gravemente limitata dai posti di controllo militari e ciò causa gravi ripercussioni sull’economia locale.
Dal 7 ottobre ad oggi, risultano uccisi almeno 86 giornalisti e numerosi membri dello staff delle Nazioni Unite nel pieno svolgimento del loro lavoro. In questo contesto, il lavoro dei giornalisti è fondamentale per narrare l’escalation di violenza in corso attraverso notizie verificate e testimonianze.
Gli attacchi diretti ai civili e gli attacchi indiscriminati contro obiettivi civili sono assolutamente vietati dal diritto internazionale umanitario e possono costituire crimini di guerra.
Siamo tornati in piazza ancora una volta, tutti insieme, per chiedere un cessate il fuoco immediato e permanente. È ora di dire basta a più di 18 mila persone uccise dai bombardamenti e da lanci di razzi indiscriminati. È ora di dire basta alla morte delle persone sotto le macerie, per mancanza di cibo, per mancanza di cure o di medicinali. È il momento di mettere al centro di tutta la discussione l’umanità, il rispetto dei diritti umani e la dignità.
È necessario agire subito, esercitare pressioni sui governi e ribadire che il diritto internazionale esiste per proteggere tutte le persone e fermare questa catastrofe. Ripristinare il senso di umanità è il prerequisito imprescindibile per gettare le basi di un futuro incentrato sui diritti umani di tutte le persone, sulla fine di un sistema di oppressione e controllo israeliano nei confronti dei palestinesi e sulla giustizia e la riparazione per le vittime.