Ce ne sono state tante di tappe importanti nel lungo tragitto per arrivare ad avere verità e giustizia per Giulio Regeni , ma quella di domani, 4 dicembre, può a buon diritto definirsi “fondamentale” perché segna l’avvio del processo a carico dei quattro 007 egiziani accusati delle torture e dell’omicidio dello studente italiano, scomparso in Egitto il 25 gennaio 2016 e ritrovato morto il successivo 5 febbraio. Secondo il codice di procedura penale italiano oggi il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif dovrebbero, comunque potrebbero, essere in aula per far valere i loro diritti processuali e le garanzie a tutela degli imputati, dunque potrebbero esperire attività di difesa attraverso i loro legali e/o fare spontanee dichiarazioni in merito ai fatti oggetto di accertamento del Tribunale di Roma. Ma, come si sa, nessuno di loro si è fatto mai vivo né ha reso possibile la notifica dell’avvio del procedimento, una lacuna che ha bloccato l’avvio del dibattimento per ben due anni. Doveva iniziare infatti ad ottobre 2021 il processo Regeni, ma la impossibilità di fare le notifiche perché gli imputati non erano reperibili ha fatto sì che tutto venisse congelato. Fino alla pronuncia della Corte Costituzionale dello scorso settembre, quando, in pratica, è arrivato il via libera a celebrare il processo anche in assenza della notifica rituale ai quattro imputati. Questa la parte formale della vicenda. Tuttavia è innegabile l’ostruzionismo del Governo egiziano che in modo evidente ha cercato prima di rallentare le indagini, poi di fuorviarle, poi di incidere sull’accertamento della verità da parte di un Paese straniero indipendente, l’Italia appunto. E d’altro canto il Governo italiano non ha collaborato con efficacia, visto che è stata persino bloccata la testimonianza della Premier e del Ministro degli Esteri dietro parere negativo dell’Avvocatura dello Stato. Di fatto: l’Egitto non ha mai fornito all’Italia l’indirizzo degli agenti imputati e l’Italia non ha mai inciso fino in fondo per ottenere quegli indirizzi. Tutto ciò è stato sottolineato più volte dalla famiglia Regeni, dal loro legale, l’avvocato Alessandra Ballerini, nonché dal popolo giallo che ad ogni udienza anima la scorta mediatica con un sit in a piazzale Clodio insieme a molte associazioni tra, cui Articolo 21, Fnsi, Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Sindacato dei giornalisti del veneto, No bavaglio e molti parlamentari, come la segretaria del Pd Elly Schlein. Domattina si replica. E’ il giorno giusto per ricordare che Giulio era uno studente italiano ucciso in un Paese amico, l’Egitto, che sta ostacolando l’accertamento processuale della verità su quanto accaduto al Cairo.