Cara Giulia, vorrei che il tuo nome diventasse un punto di svolta nella vita di noi ragazzi. Prima di dirti come, vorrei raccontare il mio punto di vista sul femminicidio. Il punto di vista maschile. L’opinione di un ragazzo che a 12 anni è già stanco di ascoltare frasi come “il mostro deve pagare”, “vogliamo giustizia” e altri simili espressioni di vendetta. Stanco delle manifestazioni contro la violenza sulle donne quando servono soltanto per pulirsi la coscienza, mentre intorno a noi ragazzi regna un vuoto culturale e umano non più tollerabile.
Per te, Giulia, non è servito questo impegno di facciata. Non i cortei antiviolenza, non le frasi di vendetta che ricorrono spesso sui media. Certo, il “fare giustizia” è un dovere, ma il carcere per un assassino è forse la salvezza della vittima? La sola condanna dell’assassino non basta, manca il vero freno ai femminicidi: educare alla vita. Perché la vita – carica di tutti i suoi valori d’affettività, rispetto, diritti – è l’esatto opposto della morte causata dall’assenza di questi valori. “Mostro, mostro, mostro”. Quante volte sentiamo, ogni giorno, la parola mostro? Ma chi è il vero mostro? Un potenziale assassino che ha vissuto nell’indifferenza della scuola, della famiglia, della società? O forse i mostri sono quegli adulti (genitori, insegnanti, sacerdoti, dirigenti scolastici…) che dovrebbero interessarsi alla vita dei figli, degli studenti, dei fedeli, e non lo fanno? Dov’è la scuola quando un ragazzo viene bullizzato solo perché si esprime con educazione, non si pettina come gli altri, non si buca la pelle, non è abbastanza violento per essere considerato un vero maschio? E dov’è la famiglia? Si può accettare ancora un’educazione maschilista che genera individui convinti che si debba emarginare socialmente il maschio educato al rispetto delle donne? Da una parte la famiglia che sbaglia nell’educazione dei maschi, dall’altra la scuola che non trova una soluzione al problema. Mi chiedo se sia migliore una scuola che manifesta per strada quando una ragazza viene uccisa o quella che insegna, con azioni concrete, i valori del rispetto tra i compagni e delle diversità tra le persone. E se i mostri fossimo noi tutti, ognuno con le nostre responsabilità? Ad esempio quelle scuole e quelle famiglie che non sanno educare alla vita o non sono capaci di percepire i bisogni dei ragazzi; chi si schiera con chi bullizza i compagni che si rifiutano di fare i “machi” nell’indifferenza di una scuola che dovrebbe sorvegliare e intervenire; i genitori che abbandono i figli per ore davanti ai social. Forse il vero mostro è proprio questo tipo di società, quella che premia i violenti rendendoli ammirabili agli occhi di chi ha paura. Se un ragazzo è violento è perché cresce nell’indifferenza di tutte le istituzioni e perché gli trasmettono valori sbagliati quegli stessi adulti che si scopriranno poi giustizialisti quando un’altra donna verrà uccisa: “Il mostro deve pagare, deve pagare, deve pagare…”.
No Giulia, il mostro non è il tuo assassino. Il vero mostro è l’indifferenza verso noi ragazzi, presupposto del femminicidio e di ogni altra forma di violenza non più tollerabile. Da una parte la noncuranza verso tanti ragazzi ricchi di valori che vengono sistematicamente emarginati e bullizzati e, dall’altra, quella verso chi farà del suo vuoto interiore, non curato, l’arma che colpirà ancora un’altra donna.
Ma non tutto è irrecuperabile, Giulia. Se guardo la mia scuola, io ci credo nella possibilità di cambiamento. Un esempio da seguire che, con azioni ed esempi ci rende continuamente partecipi del valore dell’inclusione e del rispetto. Questa è la speranza alla quale aggrapparsi, perché gli insegnanti e i dirigenti scolastici che credono ancora nel valore della vita non si sono completamente estinti come i dinosauri.
Così, anche tu Giulia non sei morta. Sarai la nostra speranza di cambiamento restandoci accanto, nel tuo esempio di vita, viva più che mai. Grazie a te il nostro mondo di ragazzi spaventati e disorientati potrà finalmente cambiare se solo lo vorranno gli adulti, primi fra tutti i nostri educatori. Io ci credo davvero, cosi come tanti altri ragazzi della mia età. Grazie a te, potremo ricostruire il nostro futuro, ma soltanto con gli esempi. Manifestare non basta più.