La sua colpa, il presunto reato che avrebbe commesso e per il quale rischia ben sedici anni di detenzione, sarebbe aver aggredito due neo-nazisti durante una contro-manifestazione volta a contrastare il raduno di nostalgici hitleriani (una commemorazione non autorizzata ma tollerata dal governo Orbán) che si svolge a Budapest ogni 11 febbraio, nel cosiddetto “Giorno dell’Onore”, quando i sedicenti patrioti magiari ricordano il tentativo di fuga delle SS dalla capitale ungherese, ormai circondata dalle truppe dell’Armata Rossa, durante la Seconda guerra mondiale.
Apprendiamo anche che suo padre, Roberto Salis, ha scritto alla presidente del Consiglio, Meloni, al presidente del Senato, La Russa, e ai ministri Tajani e Nordio, affinché alla figlia siano garantiti diritti, integrità, proporzionalità nel capo di imputazione e, possibilmente, il trasferimento ai domiciliari in Italia, senza finora ricevere alcuna risposta.
A farsi carico della vicenda, al momento, è stato il leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, affermando: “La vicenda della cittadina italiana costretta in condizioni disumane nelle carceri ungheresi e di cui dà conto oggi Repubblica è incredibilmente grave e il governo italiano ne dovrà rispondere in Parlamento al più presto.
Vogliamo sapere che cosa ha fatto finora l’ambasciata italiana a Budapest, almeno per rivendicare i diritti basilari della civiltà giuridica a tutela della nostra concittadina”. E ha aggiunto: “Se invece purtroppo non accadesse nulla, sarebbe ancora più evidente la complicità e la subalternità della destra italiana con una cultura e pratiche che non possono appartenere al nostro vivere civile”.
Sappia, dunque, il governo Meloni, che non abbiamo mai taciuto e non cominceremo adesso. Abbiamo chiesto verità e giustizia sempre e comunque, chiunque fosse il soggetto o la comunità in questione: da Genova a Giulio Regeni, passando per mille altre tragedie verificatesi da quando esistiamo.
Siamo al fianco di Ilaria e della sua famiglia e chiediamo non solo che possa rientrare immediatamente in Italia ma che sia sottratta alla giustizia dispotica di un Paese che, ci spiace dirlo, l’Unione Europea dovrebbe smettere di accogliere, essendo l’opposto di tutti i valori su cui il progetto comunitario dovrebbe fondarsi e rappresentando un freno intollerabile a ogni possibile evoluzione in senso politico e statuale.
In questa battaglia, ancora una volta, Articolo 21 ci sarà concretamente.