Rabih Maamari e Farah Omar, due giornalisti della rete libanese Al Mayadeen sono stati uccisi insieme a un civile che li accompagnava, in un bombardamento israeliano in Libano, dove stavano realizzando un servizio sugli attentati nell’area di Tair Harfa.
Sale così a 57 il bilancio degli operatori dell’informazione vittime del conflitto in Medio Oriente ripreso dopo l’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre.
E parliamo solo dei morti. Poi ci sono i feriti e gli incarcerati, almeno 13.
Mai così tanti. Per fare un paragone, in Ucriana in due anni hanno perso la vita 15 giornalisti.
A dare la notizia della morte dei due reporter di Al Mayadeen la stessa emittente che ha raccontato i dettagli del lavoro della corrispondente e del suo cameraman affermando che “la squadra di Al Mayadeen è stata deliberatamente attaccata, non si è trattato di un caso” ha dichiarato il presidente del canale Ghassan Ben Jeddo precisando che il civile ucciso insieme ai giornalisti era un “collaboratore” del canale.
Il responsabile dell’emittente libanese ha anche sottolineato che l’incidente è avvenuto dopo che il governo israeliano aveva bloccato i siti web del suo canale televisivo.
Sentito dall’AFP su questo bombardamento, un portavoce dell’esercito israeliano ha riferito che si stanno “esaminando i fatti di ciò che è avvenuto”.
Il primo ministro libanese Najib Mikati ha condannato “fermamente l’attacco israeliano” contro i giornalisti con una dura una dichiarazione.
“Questa aggressione dimostra, ancora una volta, che i crimini di Israele non conoscono alcun limite”, ha aggiunto Mikati che ha accusato il governo israeliano di voler “silenziare, in ogni modo possibile, i media che denunciano i suoi crimini e le sue aggressioni”.
Da quando sono iniziati i raid aerei israeliani su Gaza, i bombardamenti
hanno ucciso oltre 13.000 palestinesi, di cui 5 mila erano bambini.