(Parigi). Continua la mattanza, continua l’assassinio indiscriminato di giornalisti ed operatori dell’informazione a Gaza. Siamo arrivati a ben 53 giornalisti uccisi dal giorno del lancio dell’offensiva di Hamas “Diluvio di Al-Aqsa” il 7 ottobre scorso che ha provocato 1200 morti in Israele e scatenato la reazione sproporzionata dello stato ebraico che bombarda e sventra Gaza da più di un mese nel contesto di quello che definire un eccidio è persino riduttivo: siamo ormai ad oltre 13.000 morti palestinesi in poco più di un mese.
Un paese devastato, ospedali bombardati senza pietà, reparti di maternità trasformati in cimiteri di neonati, ambulanze centrate da missili, civili in fuga colpiti alla stregua di terroristi, infrastrutture annientate che svelano corpi schiacciati e divelti, tagli all’elettricità, penuria di cibo ed acqua: difficile in queste condizioni non evocare i crimini di guerra e crimini contro l’umanità compiuti da Tsahal a Gaza. A questa tragedia se ne aggiunge un’altra, che è oramai diventata una tragedia nella tragedia: la mattanza di giornalisti che cercano di coprire quello che è diventato uno dei conflitti più sanguinosi e mortiferi per la stampa dal dopoguerra. Basti pensare al fatto che dall’inizio delle ostilità in media muore oltre un giornalista al giorno. Un dato terrificante.
Secondo l’ultimo report del Committee to Protect Journalists sono 53 in totale i giornalisti uccisi dalle armi fino ad oggi: 46 sono palestinesi, 4 israeliani e 3 libanesi. A questi si aggiungono 11 giornalisti feriti, 3 giornalisti dispersi, 18 giornalisti arrestati. La situazione per la stampa a Gaza è drammatica. La presidente del CPJ, Jodie Ginsberg, lo ha detto esplicitamente in un’intervista all’emittente americana CBC News: « Registriamo gli attacchi ai giornalisti da più di trent’anni. Ma questo è il periodo più letale per i giornalisti che coprono i conflitti che io abbia mai documentato ».
Oltre ai massacri, CPJ parla di continue aggressioni ai reporter, minacce, attacchi informatici, censura e persino uccisioni mirate di familiari dei giornalisti, come accaduto alla giornalista Alaa Taher Al-Hassanat, uccisa in un attacco aereo israeliano insieme a molti membri della sua famiglia. Come si puo’ ancora tollerare questi massacri indiscriminati? Perché le istituzioni internazionali ed i governi tacciono? Dov’è l’Europa? Perché l’esercito israeliano colpisce indiscriminatamente? La risposta è semplice: non ci devono essere testimoni oculari al genocidio che si compie sotto i nostri occhi. E la stampa indipendente oggi è l’unica voce che ha il popolo palestinese per gridare al mondo il suo dolore. Ecco perché il governo israeliano vuole zittirla, cancellarla a tutti i costi.
Ieri è stata la volta della giornalista Ayat Khaddura, di stanza a Gaza, uccisa nel corso di un bombardamento israeliano. La notizia è stata riportata dall’International Media Support, un’organizzazione no-profit che lavora per sostenere i giornalisti e i media nei paesi colpiti da conflitti armati e minati da insicurezza e transizione politica. Nell’ultimo video pubblicato sui suoi canali social, un video molto breve, di soli 40 secondi, ma molto toccante, Ayat Kaddura apre con parole quasi profetiche: “Questo potrebbe essere l’ultimo video da parte mia”. Poi dice: “Oggi l’occupazione ha sganciato bombe al fosforo sull’area di Beit Lahia, spaventose bombe sonore, poi ha lanciato avvisi di evacuazione nell’area e naturalmente quasi tutta l’area è stata evacuata. Tutti hanno iniziato a correre per le strade in tutte le direzioni, gente che non sapeva dove stava andando o da dove veniva. Siamo separati, io e pochi altri siamo rimasti a casa, mentre gli altri sono stati evacuati e non sappiamo dove siano andati, ovviamente. La situazione è spaventosa, la situazione è terrificante. Quello che sta succedendo è molto difficile. Che Dio abbia pietà di noi”.
Il video, per chi l’avesse visto, è difficile da sostenere emotivamente. Mentre la giornalista racconta ciò che accade e descrive l’orrore e la paura di queste ore, giunta alla fine del video con una preghiera per ottenere un’insperata salvezza, si deve fermare perché non riesce a trattenere le lacrime ed il video si conclude con il suo pianto inconsolabile. Che è quello di noi tutti quando vediamo l’ennesimo reporter cadere sotto le bombe.