A volte un libro, se espressione di una competenza diretta sviluppata sulle vicende da esso trattate, è in grado di anticipare e descrivere attività che definiscono, nel dettaglio, buona parte delle forme prese dal potere politico oggi al governo, del suo ordine costituito e dei relativi interessi economici e politici. Il suo significato può essere, così, di natura non solo formativa ma critica, e dunque in grado di scoprire che dietro le parole d’ordine di alcuni esponenti politici e relative proposte vi sono interessi che passano sopra la testa dei cittadini fino a farli divenire comparse nel “laboratorio criminale” e politico italiano. È una delle forme più sofisticate della compromissione della democrazia italiana ordita da personaggi inquietanti che, in modo palese o nascosto, riescono a gestire denaro, consenso e addirittura parte della legislatura di cui sono maggioranza. Proprio Laboratorio Criminale (People) è il titolo del libro a cui ci riferiamo, capace di indagare le inquietanti vicende di natura politica, criminale, giudiziaria che dalla provincia di Latina sono arrivate a livello nazionale e internazionale, espressione di un’ingegnosa saldatura tra varie organizzazioni criminali, esponenti politici, professionisti di livello internazionale e l’acquiescenza di gran parte dei media nazionali. Il principale protagonista di questa storia come di quella trattata nel libro è Pasquale Maietta, ex deputato di Fratelli d’Italia, già esponente di punta del partito della Meloni ed enfant prodige della destra pontina. È bene ricordare che fin dall’inizio del suo mandato parlamentare, Pasquale Maietta si era impegnato in favore della legge che consentiva il rientro dei capitali illecitamente accumulati all’estero da cittadini italiani. Nelle banche della Confederazione elvetica e in quelle del Canton Ticino in particolare l’Agenzia delle Entrate aveva stimato che vi fossero depositati oltre 125 miliardi di euro. Nel maggio del 2014 si stava discutendo in Parlamento della legge sulla Voluntary Disclosure che avrebbe permesso di riportare almeno parte di quella montagna di denaro nel Bel Paese in cambio di una tassa irrisoria, lasciando la fedina penale immacolata agli intestatari. L’accordo tra l’Italia e la Svizzera però tardava ad arrivare e per questo, ancora l’Onorevole Pasquale Maietta, dall’alto del suo ruolo di tesoriere per il gruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, aveva depositato un’apposita interrogazione parlamentare. Un impegno politicamente non trascurabile, considerando le sue competenze professionali e il ruolo istituzionale che aveva assunto. Maietta aveva infatti ottime ragioni di preoccuparsi per quel provvedimento perché, stando alle informazioni tratte da investigazioni di altissimo livello e specchiata professionalità, in quello stesso periodo già poteva contare sulle informazioni di alcuni agenti infedeli appartenenti proprio alle forze dell’ordine e già iscritti da tempo al suo libro paga: tra questi vi erano un carabiniere (che tra l’altro era suo cognato) e tre finanzieri. Una bella cricca, insomma. Erano questi ultimi a fornirgli periodicamente gli sviluppi delle indagini che erano state avviate nei suoi confronti dalla Squadra Mobile della Questura di Latina. Con i suoi sodali infatti, lo stesso deputato/tesoriere da anni aveva messo in piedi un “laboratorio criminale”funzionale “alla realizzazione della evasione fiscale, replicato stabilmente e in grado di generare ingenti profitti illeciti.” Mentre interrogava il Governo, l’Onorevole “fratello” dell’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni, operava “stabilmente nei settori della criminalità economica di tipo societario, tributario e dell’insolvenza” e per tali ragioni è stato indicato come “soggetto di rilevante pericolosità”. Tra l’altro, l’ex Onorevole ha utilizzato i proventi illeciti di queste attività per sostenere la sua carriera politica, oltre che di Presidente del Latina Calcio. Una doppia carriera che ha avuto un apporto determinante grazie alla compravendita di voti e alla forza intimidatrice realizzata da un noto clan locale italo-rom, che a sua volta appartiene alla galassia malavitosa di stampo mafioso dei Casamonica – Di Silvio – Spada. Non solo attività illecita di natura economica, dunque, ma politica e criminale a livello nazionale e internazionale.
Questa è la sostanza della proposta avanzata congiuntamente nei giorni scorsi dalle Procure della Repubblica di Roma e Latina al Tribunale di Roma riguardante la confisca delle proprietà di Pasquale Maietta per un valore di oltre cinque milioni di euro. I fatti descritti in questo nuovo provvedimento erano ampiamente noti a tutti i suoi colleghi parlamentari, a iniziare dai vertici del suo partito, perché nel novembre 2016 la Procura di Latina aveva presentato una richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti ancora dell’On. Maietta con allegata una relazione di oltre 500 pagine. Ma, in vista di una successiva e non meglio precisata udienza del Tribunale del Riesame di Roma, l’accoglimento della richiesta fu rinviata dall’allora Presidente della Commissione per le autorizzazioni a procedere della Camera On. Ignazio La Russa, attuale Presidente del Senato e seconda carica istituzionale dello Stato italiano. Si da il caso che Maietta è poi rimasto in carica fino alla fine del mandato.
Il meccanismo della frode messo in atto funzionava in modo relativamente semplice: attraverso la collaborazione di “teste di legno” (amici, colleghi, mamme, zie, ecc.) venivano costituite sistematicamente nuove società cooperative sulle quali venivano fatti ricadere gli oneri previdenziali e fiscali dei lavoratori, ma rispetto alle quali non era possibile nessuna riscossione coattiva dei creditori perché private di ogni bene. Queste società venivano poi messe in liquidazione volontaria e fatte cessare dopo appena due o tre anni dalla loro costituzione; non prima però di averle svuotate completamente di ogni disponibilità di denaro contante. All’atto della messa in liquidazione veniva spostata la sede legale in altre provincie d’Italia, dove poi la rispettiva direzione dell’Agenzia delle Entrate doveva iniziare tutto daccapo per i controlli fiscali, con il risultato di rallentare enormemente le procedure di accertamento e di non poter intervenire su eventuali istanze di fallimento. Nelle 218 pagine della proposta di sequestro avanzata dalla Procura vengono descritte minuziosamente le attività messe in atto con questo modello, solo apparentemente geniale, che è riuscito a mettere insieme le nuove organizzazioni criminali autoctone di natura mafiosa con il mondo della finanza occulta, segnatamente quella residente proprio in Svizzera, per agevolare l’occultamento di ingenti somme sottratte all’Erario e per il riciclaggio/reimpiego di denaro di ignota provenienza. Si tratta di personaggi che da un lato si sono resi responsabili da oltre vent’anni di gravi fatti di sangue, rapine, sequestri di persona, gestori di attività estorsive e dell’usura, traffico di droga e altre attività tipiche della criminalità organizzata “tradizionale”. Dall’altro lato si trova una schiera quasi infinita di professionisti (avvocati, commercialisti, funzionari di banca, “spalloni”, ecc.) capaci di movimentare ingenti quantità di denaro e in grado di attraversare senza problemi qualsiasi frontiera doganale a seconda dell’occorrenza. Professionisti fondamentali per questo genere di criminalità e reati, in grado di nascondere procedure e denaro al solo scopo di sottrarlo allo Stato e dunque alla collettività per il solo scopo di arricchimento personale e di personaggi loschi della malavita nazionale e internazionale. Per realizzare i suoi affari non a caso l’ex Onorevole Pasquale Maietta si era rivolto a uno studio di professionisti di Lugano molto conosciuto: la SMC Trust Office SA di Via Pioda 9. Centrale è la figura dell’avvocato Max Spiess (anch’esso indagato nei procedimenti a carico di Maietta), figlio di quel Giangiorgio Spiess che fu a suo tempo l’avvocato di un certo Licio Gelli. Quest’ultimo rappresenta un primo particolare molto inquietante dell’intera vicenda perché proprio lo studio fondato a suo tempo dagli avvocati svizzeri Spiess padre e Tito Tettamanti (noto per i suoi collegamenti con la Massoneria internazionale), da un lato è stato implicato nei più grandi scandali finanziari scoppiati in Italia negli ultimi decenni, mentre dall’altro è quello che ha permesso l’affermazione improvvisa di sconosciuti imprenditori che all’inizio della loro carriera se la passavano alquanto male: tipo quella del defunto Silvio Berlusconi. A ben vedere quindi il “laboratorio criminale” messo in atto dal Maietta non è altro che l’evoluzione dello stesso sistema che continua ad alimentare ingentissime evasioni ed elusioni fiscali nel nostro Paese con l’aggravante, non più solo italiana, di intercettare e convogliare anche l’enorme quantità di denaro liquido che deriva dalle attività tipiche della criminalità organizzata: spaccio di droga, estorsioni e scommesse clandestine incluse. Questo Laboratorio rappresenta allo stesso tempo anche una sorta di mutazione genetica rispetto allo schema base, perché è stato proprio attraverso il flusso alterato della ricchezza prodotta dai lavoratori, oltre che dalle attività illecite dei criminali, che si è generato un flusso strumentale di consenso elettorale e di manipolazione mediatica finalizzato non più solo a nascondere e a riciclare profitti illeciti ma anche ad entrare nella stanza dei bottoni dalla porta principale, ossia il Parlamento italiano, con il beneplacito esplicito dell’attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La stessa Meloni più volte ha ricordato di essere entrata in politica in seguito all’attentato costato la vita al giudice Borsellino e agli agenti della sua scorta. Mai ha però ricordato e chiesto scusa per aver concesso, senza batter ciglio e senza aver adeguatamente provveduto ad assumere preventivamente informazioni fondamentali note già a moltissimi, il pass parlamentare con tanto di battesimo politico pubblico a personaggi legati a doppia mandata con la criminalità organizzata e responsabili di attività illecite tanto spregevoli. La stessa Meloni, infatti, in una nota iniziativa pubblica in provincia di Latina definì l’ex Onorevole Maietta: “la parte migliore della nuova classe dirigente di Fratelli d’Italia”. Per comprendere la complessità e l’articolazione del Laboratorio Criminale di cui Maietta secondo la Procura di Latina era tra gli indiscussi e intoccabili protagonisti, basterebbero altri due esempi contenuti ancora nella proposta delle Procure di Roma e Latina. Il primo riguarda il fatto che nel corso delle indagini è stata sentita dalla Squadra Mobile di Latina una ragazza che lavorava presso lo studio di Pasquale Maietta come collaboratrice e che ricopriva formalmente il ruolo di amministratrice unica della società EMME T.S. Srl. Lei stessa ha dichiarato a verbale di non avere alcuna idea di cosa si occupasse la società, ma comunque sapeva che lavorava all’interno della discarica di Borgo Montello – Latina (la quarta discarica più grande d’Italia già interessata dal Clan dei Casalesi), in particolare per quanto riguardava il trasporto del percolato. Si tratta della stessa società che nel 2013 avrebbe dovuto costruire la nuova discarica di Roma in località Monti dell’Ortaccio per far fronte al problema dello smaltimento dei rifiuti che attanaglia ormai da decenni la Capitale d’Italia, Città del Vaticano inclusa. Problema che è il principale oggetto di ogni campagna elettorale che si svolge per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale di Roma. La ragazza in questione non sapeva riferire chi e come avesse pagato le quote a lei intestate in quella società. Il secondo esempio è stato riportato da un collaboratore di giustizia ritenuto altamente attendibile perché figlio dell’allora capoclan locale Costantino “Cha Cha” Di Silvio, amico di lunga data del Maietta. Riferiva il ragazzo che durante un colloquio tra suo padre e il suo congiunto Armando Di Silvio (dello “Lallà”) nel quale lui era presente, i due ritenevano opportuno soprassedere ad alcune estorsioni in “corso d’opera” perché in quel momento ritenevano più conveniente comprare i voti a favore di Pasquale Maietta il quale aveva appena consegnato loro 50mila euro in contanti.
Insomma, interessi, strategia e azioni criminali e politiche che derivavano da un senso di superpotenza che ammanta di intoccabilità il “laboratorio criminale” pontino e italiano. Almeno fino a quando qualcuno non inizia a scrivere inchieste su di loro, a pubblicare libri e a fornire spunti di riflessione e prove a forze dell’ordine e procuratori coraggiosi per ristabilire un po’ di democrazia e legalità in questo meraviglioso e strano Paese.