La violenza e i processi fanno spettacolo? Beppe Grillo dice di sì quando accusa l’avvocato Giulia Bongiorno di commentare e strumentalizzare il processo nel quale il figlio è imputato e dove la parlamentare rappresenta la ragazza vittima della contestata violenza. Ma, per altro verso, gli stessi avvocati stigmatizzano la spettacolarizzazione dei processi, quasi una sorta di sdoppiamento della personalità dei penalisti italiani. L’ultimo esempio arriva dalla Camera Penale di Velletri che in queste ore ha diffuso un comunicato contro “la frequente spettacolarizzazione dei processi penali” che “rischia di instillare nel pensiero comune che l’esito del procedimento, al quale è sottoposto l’imputato, possa essere condizionato attraverso una buona dose di pressione mediatica e sociale. Di Giusto Processo e Democrazia si può parlare solo evitando di esporre l’organo giudicante alle indebite influenze non solo da parte dei media, ma anche da parte di chi vi abbia un interesse di natura morale ed economica, nonché defensionale”.
Dunque a questo siamo, a considerare la cronaca dei processi una indebita ingerenza. Il contrario di ciò che si chiede ai giornalisti, ossia seguire da vicino ii fatti per poterli raccontare con la maggiore obiettività e precisione possibile. Se finora il dibattito si era concentrato soprattutto nella fase preliminare del processo, alle indagini, con norme (ultima la legge Cartabia) che tendono ad escludere del tutto i giornalisti e l’informazione, adesso si vorrebbe evitare che anche la fase dibattimentale, pubblica, fosse preclusa ai giornalisti.
La presa di posizione dei penalisti del Foro di Velletri va inquadrata nel contesto in cui è maturata che fornisce ulteriori elementi di valutazione.
Le manifestazioni più frequenti davanti al Tribunale di Velletri riguardano il procedimento per l’investimento di una bambina di 16 mesi da cinque anni ridotta in stato stato vegetativo di minima coscienza; ad ogni udienza un gruppo di persone sta nel piazzale per chiedere “giustizia”.