Se ne va Henry Kissinger e saremmo ipocriti se dicessimo che ci mancherà. Non ci mancherà affatto, avendolo sempre combattuto e contrastato in vita. Non si tratta di idee ma di ciò di cui si è reso responsabile e protagonista. Kissinger, infatti, è stato il segretario di Stato americano sotto cui ebbe luogo l’Operazione Condor, ossia il progetto golpista volto ad abbattere i governi socialisti e progressisti in Sud America per insediarvi personaggi come Pinochet e Videla, alfieri della dittatura e promotori del modello economico e di sviluppo liberista che aveva nella Scuola di Chicago e nel pensiero di Milton Friedman il suo cuore pulsante.
Per un’intera generazione, pertanto, l’11 settembre era e sarà sempre quello del ’73: il giorno del’linfamia, l’abisso della Moneda, lo strazio di Salvador Allende e l’inizio di uno dei periodi più bui nella storia del Cile. A quel giorno sono legati anche i destini del nostro Paese, derivando da lì la proposta del compromesso storico avanzata da Berlinguer sulle colonne di “Rinascita” e l’apertura al dialogo con la Democrazia Cristiana, al fine di scardinare la democrazia bloccata che tanto nocumento stava arrecando all’Italia e alle sue istituzioni. E per definire Kissinger, basti pensare al giudizio che ne dava Moro, alle pressioni che subì per fermare il progetto di apertura ai comunisti e alle conseguenze drammatiche che quella scelta di chiusura e arroccamento ebbe per l’Italia e non solo.
In breve, possiamo dunque dire che Kissinger è stato il distruttore di una certa idea di Occidente: quella che si era affermata ai tempi di Roosevelt, quella che, grazie a sua moglie Eleanor, ci aveva regalato la Dichiarazione universale dei Diritti umani, quella fondata sull’ideologia onusiana, sul keynesismo e sulla socialdemocrazia europea. Con l’ascesa del soggetto in questione, tutto questo è venuto meno. L’America si è resa protagonista di orrori che ne hanno minato per sempre la credibilità, l’Europa si è spesso accodata, perdendo l’occasione storica di diventare un soggetto politico autonomo, la destra si è radicalizzata fino a sfociare nel trumpismo, la sinistra le è andata dietro, smarrendo la sua ragione di esistere, e oggi ci troviamo a fare i conti con un mondo in guerra, con la catastrofe climatica, con un’incertezza senza precedenti, con la scomparsa di ogni utopia e dei nostri valori fondanti e con l’incubo atomico che è tornato prepotentemente d’attualità.
Potremmo fare l’elenco dei martiri del Cile – intellettuali, oppositori politici, sognatori e figli della meglio gioventù, svanita per sempre nei giorni dello stadio di Santiago e di inferni come Villa Grimaldi – ma li abbiamo già ricordati e celebrati più volte.
Quello che ci preme, invece, è far sì che un personaggio del genere non si ripeta. Perché la sua visione del mondo è tutto ciò che non ci appartiene, tutto ciò che ci ha reso peggiori, tutto ciò che non saremmo mai dovuti diventare, tutto ciò, insomma, da cui dobbiamo emanciparci se vogliamo avere un futuro.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21