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Giorgetti l’anti Salvini

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Sciopero generale del 17 novembre di Cgil e Uil contro la manovra economica del governo Meloni. Venerdì 17 novembre la protesta riguarda il centro Italia, poi seguiranno le altre regioni. Ad ogni crocevia importante della politica italiana c’è la divaricazione tra Salvini e Giorgetti. Il segretario della Lega, vice presidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture dimezza da 8 a 4 ore lo sciopero per treni, autobus e metropolitane (gli aerei erano stati esclusi da Cgil e Uil) ordinando la precettazione.

Salvini usa parole dure. In particolare una nota stampa del Carroccio è tagliente verso il segretario della Cgil Landini: «Milioni di italiani non possono essere ostaggio dei capricci di Landini che vuole organizzarsi l’ennesimo weekend lungo». Il riferimento è all’agitazione del 17 novembre. Giorgetti invece è su una posizione opposta. Difende la legge di Bilancio 2024 ma non attacca la protesta: «I sindacati hanno la totale legittimità a scioperare». In sostanza dà ragione a Landini e Bombardieri: i segretari di Cgil e Uil considerano “un atto gravissimo” contro il diritto di sciopero la precettazione decisa da Salvini. Persino “un attacco alla democrazia”.

Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, vice segretario della Lega, è da sempre l’ala riformista del partito. È europeista, atlantista, prudente, discreto, determinato.  Invece Salvini è populista, sovranista, euroscettico, irruento con un passato di simpatie per la Russia. Il ministro dell’Economia è soddisfatto per la prudenza di aver contenuto la spesa pubblica: è «un segnale preciso, che gli investitori sembrano aver apprezzato». In sintesi: grazie ai cordoni della borsa tenuti stretti i mercati finanziari internazionali non si sono scatenati contro l’Italia nonostante l’alto debito pubblico. Così lo spread tra i Btp italiani e gli analoghi titoli di Stato tedeschi è calato al minimo di quota 170 punti.

Il ministro delle Infrastrutture invece protesta per il rinvio delle promesse elettorali come “quota 41” per andare in pensione anticipata o per l’introduzione generalizzata della flat tax al 15%. Insiste sulla lotta agli sbarchi dei migranti clandestini, uno strumento per calmare le paure degli italiani.

Torna la contrapposizione degli anni passati. Salvini voleva uscire dall’euro, Giorgetti bocciava persino l’idea. Il primo attaccava Mario Draghi come il tecnico espressione dei “poteri forti”, il secondo lo lodava perché «Draghi è un fuoriclasse, come Cristiano Ronaldo, non può stare in panchina». E grazie anche al suo sostegno l’ex presidente della Banca centrale europea divenne presidente del Consiglio.

Il segretario della Lega, dopo il boom del 34% dei voti nelle elezioni europee del 2019, picchiava duro e attaccava tutti. Giorgetti lo invitava alla calma perché collezionava troppi avversari: Usa, Ue, Vaticano. Gli diceva: «Un fronte di scontro lo puoi reggere, due forse, tre no». Difatti arrivarono le sconfitte fino alla disfatta nelle Politiche del 2022: il Carroccio crollò all’8,9% dei consensi, 2 terzi di voti in meno rispetto a tre anni prima.

Lo sciopero generale del 17 novembre fa scattare un nuovo dissenso. I due personaggi simboleggiano due leghe diverse. Giorgetti fa un parallelo con il calcio: si definisce un portiere mentre indica Salvini come un attaccante. Ha sempre negato di voler fare il segretario. Ha chiarito: con Salvini «non ci sono due linee. Al massimo, sensibilità diverse». I sondaggi elettorali danno la Lega al 9% dei voti e Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, al 29%. Se le elezioni europee di giugno confermeranno questi dati sarà un bel problema per il “Capitano”. Rischia il defenestramento. Nel Carroccio c’è un grande consenso sia per Zaia sia per Fedriga, i governatori del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.


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