Israele promette di spazzare via Hamas con attacchi via terra nella Striscia di Gaza, ma non ha un piano chiaro su come governare in seguito l’enclave palestinese devastata, anche se molto probabilmente vincerà questa battaglia.
Con il nome in codice “Operazione Spade di Ferro”, la campagna militare sarà ineguagliabile nella sua ferocia e diversa da qualsiasi altro attacco d’Israele in passato.
Israele ha richiamato 360.000 riservisti e ha bombardato la piccola enclave senza sosta, dopo l’assalto di Hamas al sud di Israele il 7 ottobre, dove sono state assassinate circa 1.400 persone, per lo più civili.
La strategia israeliana è quella di distruggere le infrastrutture di Gaza, anche a costo di un alto numero di vittime civili, spingere la popolazione dell’enclave verso il confine egiziano e attaccare Hamas facendo saltare in aria il labirinto di tunnel sotterranei che il gruppo ha costruito per condurre le sue operazioni.
I funzionari israeliani hanno detto di non avere un’idea chiara di come potrebbe essere il dopoguerra. Un fatto che preoccupa gli alleati occidentali d’Israele con in primis gli Stati Uniti.
I viaggi in Israele del segretario di Stato Antony Blinken e del segretario alla Difesa Lloyd Austin la scorsa settimana hanno sottolineato la necessità di concentrarsi sul piano post-bellico per Gaza. Anche i governi arabi sono allarmati dal fatto che Israele non abbia definito un piano chiaro per il futuro dell’enclave, governata da Hamas dal 2006 e che ospita 2,3 milioni di persone.
In questi giorni che precedono il grande attacco, le fonti della Mezzaluna Rossa (Croce Rossa) di Gaza dicono che 3.500 palestinesi sono stati uccisi durante i bombardamenti aerei, circa un terzo dei quali bambini. Il bilancio più alto rispetto i precedenti scontri armati tra Hamas e Israele.
La stragrande maggioranza dei palestinesi non è filo Hamas, e questa organizzazione sicuramente non rappresenta il popolo palestinese. Proprio per questo i leader occidentali stanno esercitando forti pressioni sul governo di Benjamin Netanyaho, che nemmeno lui rappresenta tutti gli israeliani, affinché rifletta su questioni come l’uso proporzionale della forza e i piani a lungo termine per Gaza prima di qualsiasi invasione.
Questa incertezza sul futuro di Gaza e la fase post guerra preoccupa più che gli arabi e gli occidentali, gli stessi israeliani.
Israele ha combattuto tre precedenti conflitti con Hamas, nel 2008, nel 2012 e nel 2014, e ha lanciato limitate invasioni di terra durante due di queste campagne, ma a differenza di oggi, i leader israeliani non hanno mai promesso di distruggere Hamas una volta per tutte. In questi tre scontri morirono poco meno di 4.000 palestinesi e meno di 100 israeliani.
Il timore è che la guerra esploda oltre i confini di Gaza, con Hezbollah libanese e il suo protettore e mentore, la Repubblica Islamica dell’Iran che sono forse gli unici a vedere di buon occhio l’estensione del conflitto e pronti a scatenare una decina di gruppi para militari e terroristi presenti a Gaza, Cisgiordania, Siria e Iraq a fianco di Hamas.
Il ministro degli Esteri della Repubblica Islamica Hossein Amir-Abdollahian ha già minacciato una ampia e dura azione contro Israele se avesse dato via alla sua vasta operazione di terra in Gaza..
I leader dei paesi arabi a loro volta hanno detto ai leader occidentali in giro per i paesi del Medio Oriente che facciano quanto possibile per evitare un attacco che comporti la punizione collettiva dei residenti di Gaza che potrebbe infiammare le piazze dei loro paesi. La rabbia popolare aumenterà in tutta la regione e crescerà se i numeri delle vittime palestinesi di questa guerra aumenterà.
Questa guerra forse a lungo termine indebolirà Hamas, ma per il momento chi si trova in una situazione molto difficile è l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e il suo presidente Mahmoud Abbas. L’ANP in seguito a trattative con Israele che non hanno portato ad alcun risultato significativo ma al contrario hanno permesso a Israele di continuare con la sua politica di costruzione di villaggi abusivi nei territori che sarebbero dovuti tornare in caso di una pace ai palestinesi, ha perso nel 2007 il controllo di Gaza a favore di Hamas. Ci sono seri dubbi che anche nel caso di una sconfitta militare di Hamas l’ANP possa riprendere il controllo di Gaza.
I paesi della regione guardano con preoccupazione gli appelli per l’apertura di corridoi umanitari che permettano ai civili palestinesi di lasciare Gaza nel caso di una vasta operazione terrestre israeliana. Il loro timore è l’incertezza sul futuro di Gaza che potrebbe innescare una nuova ondata di sfollamenti di massa, dalle dimensioni simili a quelle del periodo che seguì la nascita dello Stato d’Israele nel 1948 oppure la guerra arabo-israeliana del 1967. Dopo questi due eventi milioni di palestinesi sono fuggiti e risiedono ancora nei paesi arabi della regione.