Narges Mohammadi, giornalista e difensore dei diritti umani e i diritti delle donne, oltre ad essere da sempre contraria alla pena di morte in un paese che si trova in cima della classifica dei paesi che ancora oggi emettono condanne a morte, ha vinto il premio Nobel per la pace 202.3. Narges Mohammadi sta scontando diverse pene detentive nel carcere di Evin a Teheran, con l’accusa di diffondere propaganda contro lo il regime degli ayatollah. Il comitato norvegese che assegna il premio ha scelto questa donna di 51 anni e madre di due gemelli che non vede da 7 anni, per “la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti”.
Il premio arriva proprio mentre le donne in Iran continuano a protestare contro il trattamento riservato a loro, ad un anno dall’assassinio morte di Jina Mahsa Amini mentre in custodia della polizia morale, per presunta violazione del codice di abbigliamento femminile della Repubblica islamica. Qualche giorni prima di questo importante annuncia, un’altra ragazza di 16 anni, Armita Garavand, è stata aggredita nella metro di Teheran, per rispettare il velo islamica e attualmente si trova in coma in un ospedale della capitale iraniana.
Annunciando la scelta di Narges Mohammadi, il presidente del comitato che assegna il premio Nobel per la Pace ha esordito in farsi pronunciando Zan – Zendeghi – Azadi, ossia la ormai famosa slogan delle donne iraniane “Donna-Vita-Libertà”.
Il fatto che le proteste per la Donna-Vita-Libertà siano durate così a lungo nonostante la feroce repressione, con circa 600 manifestanti uccisi, 7 impiccati ed oltre 20.000 arrestati, tra i quali oltre 90 giornalisti è fatto notevole. Questa protesta che dura ormai da oltre un anno, non solo sta cambiando la società iraniana.
Dopo la rivoluzione del 1979 in Iran, il clero islamico introdusse rapidamente una serie di leggi oppressive rivolte specificamente alle donne. Ma nonostante la violenza rivolta loro dal regime, le donne hanno continuato a essere in prima linea nella protesta contro l’oppressione in Iran. Non a caso 20 anni fa scelta un’altra donna iraniana, la giurista Shirin Ebadi per ricevere il Nobel per la Pace. Ed ora lo stesso premio è andata alla collega Narges Mohammadi.
Narges Mohamadi si unì alla lotta da studentessa all’inizio degli anni ’90. Dopo essersi laureata in fisica e aver accettato un impiego come ingegnere, iniziò a battersi per i diritti delle donne e a scrivere su giornali riformisti. È stata arrestata per la prima volta nel. Mohammadi è stato arrestato fino ad oggi ben 13 volte e condannato in cinque occasioni a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate. L’ultima volta è stata incarcerata nella nel 2022, quando l’ondata di proteste hanno iniziato a ottenere un riconoscimento internazionale.
Mohammadi nemmeno in carcere ha smesso di lottare. Ha organizzato azioni di protesta ed è stata punita dalle autorità con divieto di visite e di telefonate ai familiari, soprattutto con i gemelli che vivono da 7 anni a Parigi con il padre. Nonostante ciò, Narges Mohammadi è riuscita a far uscire di nascosto un articolo che ha scritto per il New York Times, pubblicato nel settembre 2023 con il titolo: “Più ci rinchiudono, più diventiamo forti”.
La diciassettenne Kiana Rahmani, figlio di Narges che vive a Parigi con il padre e il fratello, raggiunta al telefono non riesce a trattenere la propria gioia e grida “sono estremamente orgogliosa di mia madre”. E poi aggiunge, “non abbiamo potuto parlare con lei visto che le hanno vietato di chiamarci, ma se potesse chiamarmi, le direi mamma sono molto, molto, molto orgogliosa di te e mi manchi tantissimo. Spero che presto sarai libera e potrai unirti a noi”.
Per Kiana non hanno premiato solo sua madre: “Questo Premio non è solo per mia madre, è per l’Iran, soprattutto per le donne iraniane”.