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Nella tragica storia della morte di Ciriello l’unico ‘’errore’’ si chiama guerra

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Ucciso per errore (?) nel più grande degli errori: la guerra. Ma se, mentre nel primo caso ancora insistiamo a mettere un grande punto interrogativo, nel secondo no. Raffaele Ciriello venne trucidato il 13 marzo del 2002 a Ramallah in Cisgiordania. Aveva 42 anni. Era un fotoreporter di guerra ed era laureato in medicina. Nato in Basilicata, originario di Ginestra, si era trasferito in Lombardia. La carriera da freelance sul fronte inizia nel 1993 in Somalia e si arricchisce di collaborazioni prestigiose fra cui quella col Corriere della Sera. Sul suo sito internet, ancora visibile e rimasto intatto così come lo lasciò Raffaele, i suoi reportage sono le ‘Cards from Hell’’, le cartoline dall’inferno che lui raccontava con un’attenzione particolare nei confronti degli ultimi, dei più piccoli, dei più deboli. E degli altri colleghi morti in guerra, come Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli.

Raffaele venne ucciso da cinque proiettili Nato prodotti per le mitragliatrici montate sui carri armati dell’esercito israeliano. A centrarlo in pieno fu un militare di vedetta su uno dei tank che Ciriello stava riprendendo con una telecamera palmare, piccolissima.

Quindi: ucciso per errore perché scambiato per un palestinese armato? Così sancì l’inchiesta interna delle forze di difesa israeliane.

Nemmeno una sanzione per il soldato che fece fuoco. La vita di Ciriello non valse la verità. Tantomeno la giustizia.


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