La sera del 10 aprile 1991 persero la vita 140 persone nella collisione tra il traghetto della Navarma, Moby Prince, e la petroliera di Eni, Agip Abruzzo
L’Aula di Montecitorio ha dato il via libera all’unanimità alla istituzione di una nuova commissione parlamentare di inchiesta sul disastro della nave Moby Prince, costato la vita a 140 persone; questa nuova commissione è chiamata a completare il lavoro fatto dalle Camere fin qui e grazie al quale sono stati aperti significativi squarci di verità sul più grave incidente della marineria italiana avvenuto nella rada del porto di Livorno il 10 Aprile 1991. Sulle cause della collisione tra il traghetto della società Navarma (oggi Moby Lines) diretto ad Olbia e la petroliera Agip Abruzzo della Snam infatti, due commissioni di inchiesta hanno lavorato tra il 2015 e il 2022.
Quanto avvenuto a bordo della Moby Prince è anche la più grande strage sul lavoro in Italia: 66 delle 141 persone a bordo del traghetto erano membri dell’equipaggio e molti passeggieri stavano viaggiando per motivi di lavoro. Solo una persona si salvò la vita buttandosi in mare; gli altri morirono aspettando i soccorsi che non arrivarono mai.
“Il lavoro del Parlamento rappresenta un esempio di buona politica, di politica virtuosa. Adesso – dice Luchino Chessa della Associazioni 10 Aprile-Familiari Vittime Moby Prince - si tratta di proseguire per avere la verità completa. Vogliamo sapere chi ha depistato, perché i soccorsi sono stati rivolti solo verso la petroliera, quali navi erano presenti nella rada di Livorno quella sera e se e come sono state coinvolte nella collisione. Sono gli ultimi interrogativi a cui questa commissione deve dare risposta”. Luchino, figlio del comandante del traghetto Navarma Ugo Chessa cagliaritano di 55 anni, quella sera ha perso anche la madre, Maria Giulia Ghezzani di 57 anni, che si era imbarcata per stare con il marito. Guardando avanti dice: “Siamo fiduciosi. Ci auguriamo che la nuova commissione, dopo un anno dall’inizio della legislatura, sia operativa il prima possibile così da completare il lavoro rimasto in sospeso a causa dello scioglimento anticipato delle Camere nel luglio 2022. Per noi che abbiamo perso i nostri cari in quella tragica sera sono stati 32 anni di passione e sofferenza”.
La versione ufficiale di quanto accaduto nella rada del porto di Livorno attribuiva la responsabilità della collisione a un improvviso banco di nebbia che avrebbe avvolto la petroliera Snam rendendola invisibile al traghetto il quale, procedendo sulla sua rotta per Olbia, entrò in collisione; a bordo della Moby Prince sarebbero morti tutti in mezz’ora. Questa versione dei fatti è stata poi ribadita dalle sentenze giudiziarie che parlano ripetutamente di “presenza di nebbia” e di “errore umano”. E così fino alla commissione senatoriale nel 2015 la responsabilità della collisione è stata attribuita a una circostanza meteorologica imprevedibile e a chi non poteva più parlare. “Questi due punti nel corso degli anni sono stati messi in discussione solo dalle nostre associazioni” dice Nicola Rosetti della Associazione 140, che prosegue: “Siamo sempre stati convinti, infatti, che le sentenze fossero gravemente lacunose e non spiegassero quanto realmente accaduto quella sera nella rada del porto di Livorno”.
Il Parlamento ha ascoltato la richiesta delle associazioni di avere la verità sulla morte dei loro 140 cari e si è assunto la responsabilità di fare chiarezza iniziando, come previsto dalla Costituzione, un lungo e approfondito lavoro di inchiesta, al Senato dal 2015 al 2018 e alla Camera dal 2021 al 2022.
La commissione di palazzo Madama, presieduta dal senatore Silvio Lai, si è concentrata principalmente sulla decostruzione della versione ufficiale dei fatti (data poche ore dopo la collisione) e ribadita nelle sentenze giudiziarie. Sono così affiorate importanti novità che la successiva commissione della Camera, presieduta dal deputato Andrea Romano, ha fatto proprie e approfondito. Se al Senato il lavoro è stato quello di dimostrare l’infondatezza della versione ufficiale, e perciò chiarire cosa non era successo, la commissione della Camera si è concentrata sulla individuazione di quanto accaduto e sulla ricostruzione della collisione.
E così oggi, grazie al lavoro di inchiesta del Parlamento, sappiamo che:
le condizioni di visibilità nella rada del porto di Livorno erano buone;
la condotta del comando del traghetto e di tutto l’equipaggio è stata attenta e diligente;
la petroliera Agip Abruzzo era ancorata nella zona di divieto di ancoraggio;
prima della collisione la Moby Prince non ha avuto nessuna avaria al timone e alle eliche;
l’esplosione a bordo del traghetto è avvenuta dopo la collisione;
la sera del 10 aprile ’91 non c’è stata nessuna attività di soccorso nei confronti dei passeggeri e dell’equipaggio del traghetto Navarma da parte della Capitaneria di Porto di Livorno e della Marina Militare; soccorsi che, se attivati, avrebbero permesso di salvare vite umane, tenuto conto che la sopravvivenza a bordo si protrasse per ore;
l’accordo assicurativo stipulato dopo solo due mesi la collisione, e rimasto segreto fino al 2017, deve essere considerato un “accordo di non belligeranza” tra le parti che lo hanno sottoscritto, cioè Eni/Snam e Navarma (oggi Moby lines). Questo accordo ha orientato la ricostruzione dei fatti e condizionato i procedimenti giudiziari nel corso del tempo;
il comportamento di Eni (di fatto società armatrice della petroliera) in questi 32 anni è stato connotato “da forte opacità” – come scritto nelle relazioni conclusive delle due commissioni – e da mancanza di collaborazione nella ricerca della verità; infatti, rimangono ancora sconosciuti la provenienza della Agip Abruzzo, la natura del carico (qualità e quantità) e le attività che si stavano tenendo a bordo durante la sosta nella rada di Livorno. Inoltre, nessun documento interno sull’incidente è mai stato consegnato da Eni all’autorità giudiziaria e alle commissioni parlamentari.
Grazie alla consulenza affidata alla società di ingegneria navale Cetena di Genova la commissione della Camera è giunta alla conclusione che la Moby Prince sia stata costretta a virare per evitare un ostacolo (una terza nave?) che si è trovata davanti improvvisamente quando era in prossimità della petroliera. La fine anticipata della legislatura nel luglio 2022 non ha permesso di approfondire tutti gli elementi circostanziali che potrebbero dare finalmente una spiegazione esaustiva su ciò che accadde quella notte.
Il lavoro di inchiesta portato avanti dalle Camere grazie alla collaborazione di tutte le forze politiche (le relazioni conclusive delle due commissioni sono state approvate all’unanimità) ha dunque diradato la fitta nebbia delle menzogne che è stata fatta calare fin da subito su questa tragica vicenda. Poche ore dopo la collisione Sergio Albanese, comandante della Capitaneria di Porto di Livorno, dichiarava: “La nebbia è stata determinate. Una nebbia fittissima. (…) Sono convinto che il banco di nebbia sia apparsa improvvisamente sotto la plancia della nave”. L’allora ministro della Marina mercantile Carlo Vizzini e alti ufficiali della Marina militare e della Capitaneria di porto parlarono a loro volta di presenza di nebbia e di errore umano come causa della collisione. Versione mai accettata dai familiari delle vittime. Nicola Rosetti, che il 10 aprile 1991 ha perso il padre Sergio di 52 anni motorista della Moby Prince di san Benedetto del Tronto, è determinato quando dice: “Abbiamo lottato per più di 32 anni per avere verità e giustizia mettendo in discussione, da soli, la ricostruzione ufficiale di quanto avvenuto quella tragica notte; e continueremo a farlo. Adesso che siamo all’ultimo miglio ancora di più. Non possiamo aspettare ancora altri anni per mettere fine a questa vicenda. Vogliamo arrivare ad una verità storica; lo dobbiamo alle vittime della Moby Prince, a noi familiari e alla nostra nazione. Soprattutto non vogliamo lasciare questa battaglia alle nuove generazioni, ai nostri figli e nipoti”.
“Fin dall’inizio di questa legislatura, un anno fa, abbiamo chiesto a tutte le forze politiche presenti in Parlamento di completare il lavoro fatto dalle due precedenti commissioni. Metà della mia vita – dice Luchino Chessa – l’ho passata dietro a questa vicenda. Inizialmente ci siamo fidati della magistratura; ma con il passare del tempo c’era qualcosa che non tornava ed era evidente che le cose andavano in modo diverso dalla ricerca della verità. Abbiamo capito che si doveva dire che era stato un incidente banale, e questo per coprire qualcosa. Tutto nasceva dai primi attimi dopo la collisione con la petroliera della Snam. I processi poi hanno ribadito una verità di comodo fino alla richiesta di archiviazione della Procura di Livorno nel 2010 nella quale noi familiari venivamo accusati di aver fatto perdere tempo alla autorità giudiziaria e fatto spendere inutilmente soldi pubblici. Dopo la archiviazione però c’è stato un volano che ha portato alla istituzione della prima commissione di inchiesta al Senato che ha finalmente iniziato a fare chiarezza”.
Le Associazioni dei familiari delle vittime apprezzano il lavoro fatto fin qui dal Parlamento, grazie al quale la verità sul disastro della Moby Prince è davvero vicina, e sono grate per l’impegno preso dalla politica per fare chiarezza sulla vicenda. Rosetti ci tiene ad aggiunge: “Ci auguriamo che la prossima commissione di inchiesta completi il lavoro fatto dalle due precedenti commissioni, lavoro caratterizzato da uno spirito bipartisan e dalla collaborazione fra tutti i gruppi parlamentari. Sappiamo bene che sarà difficile avere giustizia visto tutto il tempo che è passato ma la verità la vogliamo, e continuiamo a chiederla. Grazie ai libri scritti in questi anni, come anche alle inchieste e ai documentari sulla vicenda, rimane viva la memoria di quanto accaduto il 10 aprile 1991 davanti al porto di Livorno. La stampa può fare tanto per mantenere le luci accese anche su questa storia. Ringraziamo Giuseppe Giulietti della Associazione Articolo 21 per l’impegno preso a tenere i riflettori accesi anche sulla strage della Moby Prince ed evitare così l’oscuramento di questa tragedia”.
Numerosi Consigli comunali in tutta Italia, fra questi quello di Livorno, hanno intitolato strade alle vittime della Moby Prince e approvato mozioni per chiedere una nuova commissione di inchiesta per arrivare ad un definitivo chiarimento sulla strage di Livorno. Quanto accaduto quella tragica notte, come detto, è anche la più grande strage sul lavoro avvenuta in Italia che richiama tutti a porre maggiore attenzione sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro del trasporto marittimo; per questo le due Associazioni hanno scritto una lettera ai segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del 30° anniversario della strage ha inviato un messaggio ai familiari delle vittime nel quale, tra l’altro, si può leggere: “È stato il disastro più grave nella storia della nostra navigazione civile. Il popolo italiano non può dimenticare. Come non dimentica la città di Livorno, che vide divampare il rogo a poche miglia dal porto e assistette sgomenta alla convulsa organizzazione dei soccorsi e al loro drammatico ritardo.
Sulle responsabilità dell’incidente e sulle circostanze che l’hanno determinato è inderogabile ogni impegno diretto a far intera luce. L’impegno che negli anni ha distinto le associazioni dei familiari rappresenta un valore civico e concorre a perseguire un bene comune”.