Medio Oriente: continua la mattanza,  21 giornalisti morti dall’inizio del conflitto

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(Parigi). Nel silenzio delle istituzione europee e dei governi occidentali, che in luogo di promuovere la pace con iniziative diplomatiche soffiano sul fuoco del conflitto con dichiarazioni roboanti e sconcertanti, mentre a Gaza scuole, ospedali, persino chiese (quella ortodossa di san Porfirio di Gaza) vengono bombardate e le forze israeliane attaccano un convoglio di civili in cui c’erano solo donne e bambini in fuga da Gaza uccidendoli sul colpo (BBC Verify, l’unità di fact-checking della BBC, ha confermato che l’attacco è avvenuto in Salah-al-Din Street, una delle due vie di fuga dal nord della Striscia di Gaza verso il sud), continua la mattanza dei giornalisti che cercano disperatamente di fare il proprio mestiere ma sono impossibilitati a farlo. Bombe, agguati, missili contro penne e intelligenza. Morte e desolazione contro volontà di informare. Siano nel periodo più buio per la stampa da diversi anni a questa parte. Il conflitto tra Israele e Gaza sta avendo un impatto devastante sui giornalisti da quando Hamas ha lanciato un attacco senza precedenti contro Israele il 7 ottobre scorso e Israele ha risposto dichiarando guerra al gruppo militante palestinese, lanciando attacchi aerei e raid di terra sulla Striscia di Gaza sotto embargo. Il conflitto si è poi allargato anche al vicino Libano con lancio di missili da parte di Hezbollah ed in risposta i bombardamenti di Tsahal sulle postazioni nemiche. Proprio al confine col Libano si segnalano giornalisti bloccati alla frontiera a causa del potente fuoco dell’artiglieria di Hezbollah e della risposta israeliana.  Secondo il CPJ (Committee to Protect Journalists), una ong basata a New York che promuove la libertà di stampa in tutto il mondo, al 19 ottobre, ci sono almeno 21 giornalisti tra le oltre 4.000 vittime da entrambe le parti dall’inizio della guerra. I giornalisti a Gaza affrontano pericoli mortali mentre cercano di coprire il conflitto. Il pericolo proviene principalmente dal fuoco delle forze d’assalto israeliane al confine e dai devastanti bombardamenti israeliani. Al 19 ottobre 21 giornalisti sono stati confermati morti di cui 17 palestinesi, 3 israeliani e 1 libanese. Otto giornalisti sono stati dichiarati feriti e 3 giornalisti dichiarati dispersi o detenuti. Il CPJ sta inoltre indagando su numerose segnalazioni non confermate di altri giornalisti uccisi, scomparsi, detenuti, feriti o minacciati e di danni agli uffici dei media e alle abitazioni di giornalisti. 

Gli ultimi a cadere sotto il fuoco delle armi sono Khalil Abu Aathra, cameraman di Al-Aqsa TV. Abu Aathra è stato ucciso insieme al fratello in un attacco aereo israeliano a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, come riportato dal Sindacato dei giornalisti palestinesi e dall’agenzia di stampa Roya News, con sede ad Amman. Anche Sameeh Al-Nady giornalista e direttore di Al-Aqsa TV è stato ucciso nel medesimo attacco aereo israeliano nella Striscia di Gaza. Mohammad Balousha, giornalista e responsabile amministrativo e finanziario dell’ufficio del canale mediatico locale Palestine Today a Gaza, è stato ucciso in un attacco aereo israeliano sul quartiere di Al-Saftawi, nel nord della Striscia di Gaza, come riportato dall’agenzia Anadolu e da The Guardian. Issam Bhar, giornalista di Al-Aqsa TV, ha trovato la morte invece in un attacco aereo israeliano nel nord della Striscia di Gaza, secondo quanto riportato da TRT Arabia e dal giornale arabo Shorouk News, con sede al Cairo. Abdulhadi Habib, giornalista che lavorava per l’agenzia di stampa Al-Manara e per l’agenzia di stampa HQ, è stato invece ucciso insieme a diversi membri della sua famiglia in un attacco missilistico che ha preso di mira la sua casa vicino al quartiere di Zeitoun, a sud di Gaza City, secondo il Sindacato dei giornalisti palestinesi e l’organizzazione giornalistica indipendente International Middle East Media Center, gestita da palestinesi che vivono nei territori palestinesi. Yousef Maher Dawas, collaboratore di Palestine Chronicle e collaboratore di We Are Not Numbers (WANN), un progetto no-profit palestinese guidato da giovani, è stato ucciso in un attacco missilistico israeliano contro la casa della sua famiglia nella città settentrionale di Beit Lahia, situata nella Striscia di Gaza a nord di Jabalia, secondo WANN e Palestine Chronicle. 

Il 13 ottobre è stata confermata la morte di Salam Mema, una giornalista freelance che era a capo del Comitato delle donne giornaliste presso l’Assemblea dei media palestinesi, un’organizzazione che promuove il lavoro dei giornalisti palestinesi. “Il suo corpo è stato recuperato dalle macerie tre giorni dopo che la sua casa nel campo di Jabalia, situato nel nord della Striscia di Gaza, è stata colpita da un attacco aereo israeliano il 10 ottobre”, ha dichiarato il CPJ. Tra gli altri giornalisti uccisi vi sono Shai Regev, redattore della sezione intrattenimento del quotidiano in lingua ebraica Ma’ariv; Ayelet Arnin, 22enne redattrice di notizie presso Kan, un canale televisivo statale israeliano; e Yaniv Zohar, fotografo israeliano del quotidiano in lingua ebraica Israel Hayom. Tra gli altri giornalisti morti nelle zone di conflitto ci sono Saeed Al-Taweel, caporedattore del sito web di notizie Al-Khamsa; Mohammed Sobh, fotografo dell’agenzia di stampa Khabar; e Hisham Alnwajha, giornalista dell’agenzia di stampa Khabar. I tre sono stati uccisi il 9 ottobre, secondo il CPJ, quando gli aerei da guerra israeliani hanno bombardato “un’area che ospitava diversi punti di informazione” nel distretto di Rimal, a ovest di Gaza. Un giorno prima Assaad Shamlakh, un giornalista freelance, era stato ucciso insieme a nove membri della sua famiglia, in un attacco aereo israeliano contro la loro casa a Sheikh Ijlin, un quartiere nel sud della Striscia di Gaza, secondo il CPJ. 

Insomma sparati a vista, le loro case bombardate, i loro quartieri rasi al suolo, le loro famiglie assassinate: questo è il destino dei giornalisti in Medio Oriente. Come si è arrivati a questo punto? Perché i cronisti sono presi di mira dalle forze militari? Come si puo’ bombardare la casa di un giornalista uccidendo tutta la sua famiglia? Troppe poche voci a mio avviso si levano contro questo massacro inaudito, un massacro che avviene nel quadro di un vero e proprio eccidio che si sta compiendo nella Striscia di Gaza, la più grande prigione a cielo aperto del mondo, una prigione dove anche i giornalisti oggi muoiono come mosche. 


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