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La Manovra di bilancio 2024 riduce i diritti dei cittadini non il canone Rai

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La disarticolazione del canone Rai tra imposta speciale e generale sta suscitando un dibattito sulla sua costituzionalità 

L’articolo 8 della legge prevede una riduzione del canone RAI da 90 a 70 euro, accompagnata da un contributo di 430 milioni di euro per il miglioramento delle infrastrutture di servizio pubblico. In sostanza una partita di giro: prima il canone era direttamente pagato dai cittadini con un’imposta speciale, ora la medesima cifra è pagata dagli stessi cittadini, in parte direttamente con la fiscalità speciale (il canone), in parte indirettamente con la fiscalità generale (le tasse).

Questi cambiamenti non sono passati inosservati poiché contrastano con precedenti interventi legislativi (le leggi di stabilità di Renzi) che avevano semplicemente ridotto l’onere finanziario dei cittadini, senza compensare la riduzione con alcun contributo.

Alcuni costituzionalisti sottolineano come la legge di stabilità possa apportare singole modifiche normative, ma non possa sconvolgere assetti ordinamentali, come invece sembra fare la manovra.

Questi cambiamenti, in particolare, sembrano erodere il principio di imposta di scopo, poiché i fondi non saranno più legati specificamente alla detenzione del sintonizzatore – indice della destinazione vincolata dell’imposta prelevata – ma piuttosto alla fiscalità generale; potranno, quindi, essere amministrati dall’esecutivo – non solo da quello attualmente in carica – su base discrezionale per condizionare l’indipendenza e l’obiettività del servizio pubblico.

La Corte costituzionale ha stabilito in passato che il canone è un’imposta legata non alla mera ricezione dei programmi, ma ad una funzione pubblica volta ad assicurare e garantire in forma strutturalmente democratica la libertà di pensiero e la sua circolazione. La nuova manovra, però, sembra allontanarsi da questi principi, suggerendo un’interpretazione dell’imposta più basata sul reddito che sulla detenzione di un sintonizzatore.

Le implicazioni di queste modifiche sono significative. L’intervento diretto del governo nel finanziamento potrebbe influenzare non solo gli investimenti infrastrutturali ma anche il contenuto editoriale, un’attività che, come previsto dal testo della Concessione alla Rai, richiede indipendenza e obiettività.

Inoltre, il “contributo” del governo solleva ulteriori preoccupazioni su possibili violazioni delle norme europee che enfatizzano finanziamenti trasparenti e stabili per i media pubblici, salvaguardandone l’indipendenza da pressioni esterne.

In sintesi, la Legge di Stabilità 2024 non si limita a un aggiustamento finanziario; piuttosto, rappresenta una riforma che incide profondamente sugli assetti della RAI, con potenziali ripercussioni sulla sua struttura e i suoi obiettivi.

Pertanto, è lecito pensare che per effetto della manovra di bilancio 2024 ad essere ridotti non saranno, come il governo lascia intendere, gli oneri economici che gravano sui cittadini – è solo una partita di giro – ma i diritti dei telespettatori in termini di pluralismo informativo, con un inevitabile sbilanciamento a favore della maggioranza e dell’esecutivo e una diminuzione della “biodiversità” delle opinioni.

E la carenza di biodiversità nel tempo, com’è noto, porta all’estinzione.

È in discussione l’Articolo 21 della Costituzione: per noi, un motivo in più per approfondire il tema con i giuristi e i parlamentari che dovranno approvare la disarticolazione del canone Rai.


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