Questo è il tempo in cui dobbiamo aiutare chi non ce la fa, soccorrere chi è in difficoltà, proteggere chi è minacciato o abusato, nutrire chi è affamato e assetato, curare chi è ammalato, sostenere chi è fragile, ridurre le disuguaglianze, promuovere le pari opportunità, preservare i beni comuni, promuovere la transizione ecologica,… Per questo, dobbiamo
tagliare le spese militari, rimettere al centro le comunità locali, finanziare e riqualificare i servizi pubblici e universali (i servizi sociali e sanitari, per l’educazione e la formazione, l’ambiente e la cultura, …),
ricostruire e rifinanziare la solidarietà e la cooperazione internazionale.
Se solo smettiamo di pagare lo stipendio di qualche Reggimento, possiamo pagare gli stipendi di tanti medici e infermieri, insegnanti e assistenti sociali.
Se smettiamo di finanziare qualche missione militare propagandistica possiamo finanziare le persone, le famiglie, le attività economiche colpite dagli eventi climatici estremi (terremoti, alluvioni, esondazioni, frane, bombe d’acqua, tempeste, siccità,…) come in Emilia Romagna o in Libia.
Se rinunciamo a comprare altri cacciabombardieri possiamo assicurare l’assistenza domiciliare socio sanitaria alle persone non autosufficienti, assumere dei buoni medici di famiglia, finanziare la rete territoriale di contrasto alla violenza sulle donne.
Se rinunciamo a costruire la terza portaerei possiamo prenderci cura di tanti bambini, donne e giovani in fuga dalla miseria e dalla guerra.
Se rinunciamo ad acquisire altri duecento carri armati possiamo investire sulla cura, sulla formazione e sul lavoro delle nostre giovani generazioni.
Adesso è il tempo della cura, non delle bombe! Nell’ora della crisi, la cura è la risposta di cui abbiamo bisogno, la più concreta, immediata ed efficace, la miglior fabbrica di benessere, il vero, grande, investimento sul futuro.