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Hans-Georg Gadamer, l’olocausto e la coscienza dei limiti dell’umanità

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Professor Gadamer, nell’Europa del ‘500  accanto ai conquistadores c’erano figure come quella del frate Bartolomeo de Las Casas impegnato nella difesa degli indios. Nel ‘700, mentre Kant cerca di fondare un’etica laica e universale troviamo Stati colonialisti che ancora adottano la schiavitù. Nel XX secolo abbiamo i progressi della scienza, Einstein, ma anche Hitler e lo sterminio degli ebrei. Come spiegare queste contraddizioni?



L’olocausto resta, almeno per noi tedeschi, il vero abisso in cui siamo venuti a trovarci. Che ciò sia stato possibile, che anche soltanto centomila uomini in qualche modo sapessero o fossero coinvolti, e che tuttavia ciò sia potuto accedere, è in effetti qualcosa di una tale enormità che il pensiero di noi tutti è costretto sempre di nuovo a confrontarsi con questa tragedia. L’umanità perde davvero, in ragione del progresso, del suo potere e dei suoi mezzi di civilizzazione, l’ultimo resto di umanità? O esiste una speranza di controllare un simile apparato anonimo, che solo ha reso possibile quel genocidio? Non posso immaginarmi che quei centomila uomini che indirettamente vi presero parte avrebbero potuto sopportare di assistervi con i propri occhi. Disponiamo di numerosi resoconti di soldati che, inviati nel lager, vedendo quel che vi accadeva, preferirono ritornare al fronte, piuttosto che assistere a quello scempio. Eppure quel che vedevano era soltanto una sorta di impianto di produzione, del quale rimanevano nascosti, nella loro concretezza, i momenti veramente raccapriccianti. Lei pone dunque una domanda che costringe ogni uomo religioso a dire: “Solo un Dio può salvarci da queste possibilità dell’uomo di agire contro sé stesso”.

Forse, questo culmine estremo di cui noi abbiamo avuto allora una anticipazione, promette alla religione un nuovo futuro. Non possiamo saperlo. Sarà una religione che certamente non consisterà in una semplice prosecuzione di quella forma cristiana della vita in cui noi ci troviamo, in quanto dovrà essere un sostegno per l’umanità tutta. Quel tipo di inumanità può ripetersi dovunque; e quanto più anonimo si fa il processo in cui una tale inumanità si realizza tanto più essa potrà ripetersi ovunque. Forse quest’ora è davvero quella della coscienza dei limiti dell’umanità, di cui ci fu dato allora un esempio tremendo. E forse, a partire da ciò, anche nella nostra epoca illuministica, esiste una possibilità di riorganizzare in modo nuovo la nostra umanità in senso trascendente.

Secondo Lei l’Europa ha ancora una chance oppure ha commesso tanti errori da aver reso irredimibile il suo futuro? E non parlo solo dell’Europa. La civiltà occidentale ha ancora delle chance oppure non ha più niente da dire al mondo?

È impossibile predire la storia. Direi tuttavia che quanto più simili assurdità, come il genocidio, balzano alla coscienza degli uomini, tanto più si può sperare che si riconquisti un equilibrio tra possibilità ed agire responsabile. C’era una civiltà, quella occidentale, in cui pur tra tutti i conflitti si ricostituiva sempre di nuovo una qualche stabilità dell’equilibrio. Ma noi siamo giunti ad un limite in cui non riusciamo più a vedere come ciò sia realizzabile; sicché non si realizzerà grazie ai nostri progetti. Si tratta però di una speranza senza cui gli uomini non possono vivere. Ed anche perciò credo nel futuro della religione.

(L’intervista è tratta dalla Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche)
Nella foto Hans-Georg Gadamer

 


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