Si avvicina il 20 Novembre, Giornata Internazionale dei Diritti dei Bambini, che celebra la convenzione di New York (CRC) del 1989. Trentaquattro anni durante i quali si è cercato faticosamente di tenere i “bambini in testa” come titola la recente pubblicazione del pediatra Giorgio Tamburlini. Perché la bambina e il bambino sono ancora per molti infans, qualcuno che non è ancora in grado di parlare. E dunque di fare sentire la propria voce. Qualcuna e qualcuno che non è ancora adulto. Non è ancora produttivo né consumatore. L’affermazione del bambino come soggetto del diritto è sì definita dalla legge, ma la realtà ci dice che ancora troppo spesso la società, un po’ ciascuna e ciascuno di noi, si comporta come se l’infanzia fosse una proprietà del mondo adulto: della famiglia o dello Stato poco importa.
Si è parlato in fondo di questo mercoledì 18 ottobre, in occasione della presentazione a Trieste del libro “Bibbiano: dubbi e assurdità. Hanno ucciso Hansel e Gretel” (Alpes, 2023) del Comitato Giobbe, il gruppo di lavoro che ha sofferto gli effetti del caso Bibbiano. Moderati dalla giornalista Fabiana Martini sono intervenuti la psicoterapeuta Maria Grazia Apollonio, l’avvocato Luca Bauccio e quel Claudio Foti, psicoterapeuta, mostro sbattuto in prima pagina per mesi, dal giugno 2019, protagonista di una vicenda giudiziaria che racconta molto bene tante storture della nostra società, spesso sotto scacco dei media e troppo reattiva. Quel Claudio Foti che, a due anni dalla vicenda, e nonostante una assoluzione in appello, ha dovuto abbandonare un ristorante perché il titolare si era rifiutato di servire la cena a “quello che vendeva i bambini”. La pacata ma rigorosa ricostruzione dei fatti si è svolta in una sala gremita di operatori sociali, medici e psicologi, cittadini e cittadine interessati a conoscere meglio le pieghe della realtà che si mangia la verità, e anche a raccontare i propri vissuti di genitori sospesi dalla responsabilità genitoriale. Perché al cuore della vicenda di Bibbiano vi sono la drammatica realtà dell’infanzia maltrattata e abusata — i dati dicono prevalentemente all’interno delle mura familiari — e la risposta delle istituzioni con l’obiettivo di considerare il superiore interesse del bambino, come sancito dall’articolo 3 della CRC, cercando di rispettare il diritto di ogni bambino a vivere nella propria famiglia (articolo 9), ma ricorrendo agli istituti dell’affido o dell’inserimento in comunità, quando la famiglia è purtroppo, anche se temporaneamente, il luogo dove i diritti del bambino sono lesi.
Che cosa è stato il caso Bibbiano? E che cosa ricordiamo di tanto clamore? Quanti conoscono la sentenza di assoluzione dell’appello? Lo scorso 16 ottobre è stato presentato ricorso in Cassazione e quindi la vicenda giudiziaria deve attendere il terzo e ultimo grado di giudizio per potere essere dichiarata definitivamente conclusa. Ma durante l’incontro, e poi durante gli scambi con i partecipanti, quello che già si può chiaramente evidenziare è l’abnorme influenza dei media nel distorcere la verità, attraverso la creazione di un racconto, di una narrazione che ha il potere di travolgere anche la magistratura, come ha spiegato l’avvocato Bauccio che ha portato lo psicoterapeuta Claudio Foti alla assoluzione in appello. Non a caso lo stesso Foti ha citato il caso di Enzo Tortora, forse la prima vittima di una narrazione che aveva prevalso sui dati di realtà.
Dunque il libro, oltre a funzionare come preziosa occasione di elaborazione da parte «degli assistenti sociali, degli psicologi, degli educatori, delle famiglie adottive e affidatarie di fronte a crescenti livelli di disagio, di impotenza, di violenza ai danni dei minori in una società adulta e adultocentrica», è «l‘impegno degli operatori e delle vittime contro l’ingiustizia e la mistificazione che nascondono e negano il trauma infantile e impediscono di prenderne coscienza compromettendo la salute e la vita degli individui e della società». Cercando di superare la “esaltazione tutta ideologia della famiglia” che rischia di produrre, tra le prime vittime, proprio quella infanzia che vogliamo e dobbiamo proteggere.
In copertina: Il sogno (2008) di Chiara Manenti.