“Dobbiamo continuare il lavoro di Daphne, oggi più pericoli in Europa per i giornalisti”. Il racconto di Manuel Delia ad Articolo 21

0 0

“Sappiamo la verità ma non abbiamo ancora giustizia”, con questa frase simbolo che riassume un po’ tutto, Manuel Delia ha ricordato i sei anni dall’assassinio di Daphne Caruana Galizia avvenuto, appunto, il 16 ottobre 2017 a Malta. Cosa è rimasto e cosa è arrivato fino a noi? Manuel Delia ha ricordato come ci sia ancora molto da fare “anche nella comunità della professione giornalistica, poiché i diritti basici non sono mica i nostri”. Poi un riferimento all’importanza della condanna di Roberto Saviano, “che ha l’obbligo di essere rispettoso, ha obbligo di essere critico,  perché esiste un diritto del pubblico di avere il confronto diretto con l’autorità”. La partecipazione di Delia alla riunione settimanale di Articolo 21 in un momento come quello che sta vivendo l’informazione in Italia e in Europa ha un valore straordinario, come ha sottolineato Giuseppe Giulietti, coordinatore nazionale dei presidi di Articolo 21. “Siamo in una situazione molto difficile, viviamo il tentativo di soppressione del pensiero critico e l’aggressione al pensiero critico riguarda l’oscuramento dei diritti non solo l’ostacolo alla professione giornalistica, riguarda la voglia di oscurare le battaglie per i diritti civili”. All’inizio dell’incontro la portavoce nazionale di Articolo 21, Elisa Marincola, ha chiesto a Manuel Delia cosa è cambiato dopo sei anni dall’attentato di Malta e a che punto sono i processi giudiziari.
“Sappiamo la verità su quanto accaduto a Daphne – ha detto Manuel Delia – ma non abbiamo ancora avuto giustizia. Attendiamo che vada avanti il processo più importante, quello alla persona accusata di aver pagato per far uccidere Daphne, l’imprenditore Yorgen Fenech, che è in stato di detenzione dal 2019, quando ha provato a scappare dall’isola ma già allora i giornalisti ne parlavano, speriamo che il processo vada avanti. Fenech aveva promesso milioni ad alcuni politici per la costruzione di una centrale di energia, e ancora gode dei proventi di quel contratto; i ministri che sono stati scoperti ad organizzarsi per quelle tangenti non sono più ministri, però non sono stati processati. Tutto questo Daphne lo aveva scoperto. Siamo davanti ad uno scenario non di infiltrazione, bensì in un contesto in cui le autorità attuano collaborazioni con la criminalità . Sappiamo che l’inchiesta indipendente di tre magistrati aveva accertato il coinvolgimento dello Stato maltese nell’assassinio di Daphne Caruana Galizia ed era stata fatta una raccomandazione per adottare a malta leggi antimafia prendendo esempio dall’Italia, raccomandazione mai presa in considerazione. Oggi a Malta le cose sono quasi più pericolose di prima dell’assassinio di Daphne; lo Stato maltese gode di impunità e si rifiuta di confrontarsi con la realtà dei pericoli che corrono i giornalisti. La solidarietà che voi giornalisti italiani ci avete mostrato è molto importante e deriva non è solo ‘simpatia’, bensì deriva dal fatto che in Europa i giornalisti diventano sempre più nemici dello Stato anziché voce della democrazia. E questo perché prevale quell’idea per cui il pubblico deve sapere di meno, ciò rende più difficile il nostro mestiere. La lezione che ci ha dato Daphne è che, per questo, dobbiamo continuare a fare nostro mestiere”.
Manuel Delia si è poi soffermato sulle molte querele ricevute da Daphne Caruana Galizia prima di morire.”
“L’assassinio venne preceduto da una campagna di aggressione, Daphne aveva quasi 50 querele bavaglio. L’hanno ammazzata ogni giorno della sua vita, anche per il fatto che era donna, era rappresentata come antipatica, una che mancava di rispetto alle autorità, una che in fondo se l’è meritata la fine che ha fatto. Questo era il clima attorno a lei prima e anche dopo la sua morte. L’hanno assassinata la politica con i giornalisti dei partiti di governo perché qui a Malta il partito di governo ha una tv e controlla quella pubblica. Per esempio alcuni, dopo l’attentato, chiedevano perché il figlio lasciò l’auto fuori dalla casa dando così l’opportunità agli assassini di mettere la bomba. E’ gente che vuole screditate la vittima per evitare che non venga fatta giustizia. Le cause di diffamazione? Ne aveva quasi 50 e poi c’erano i sequestri dei suoi conti, come fosse stata una criminale. Gli eredi continuano a difendere in Tribunale una dozzina di cause contro di lei, ma non possono farlo bene perché non possono avere accesso alle fonti che aveva lei. Una di queste cause è stata fatta dall’allora primo ministro Joseph Muscat che continua a perseguitare Daphne in Tribunale. Si cerca di eliminare la credibilità dei giornalisti, con Daphne non fu bastevole”.
L’avvocato Giulio Vasaturo, legale della Fnsi e presente all’incontro ha ricordato il cima che c’era durante le udienze. “C’erano gruppi di aggressione contro di noi, contro Manuel, una situazione al contrario, ricordo quella piazza, ricordo tutti quelli che si battono per la libertà di stampa in quel territorio. Dinanzi a quel Tribunale c’è un sacrario dedicato a Daphne e quella volta c’era un’ampia fetta di provocatori che stazionavano davanti al sacrario, forse anche per renderlo invisibile a noi, ricordo con quale protervia di chi attaccava la libertà di informazione e trovava più spazio della ricerca della verità. La vicenda di Daphne si intreccia con problematiche che riguardano anche noi direttamente, come i traffici di migranti che riguardano indicibili accordi tra il governo maltese e la Libia rispetto alla gestione dei migranti, Daphne e Nello Scavo hanno illuminato questo storia terribile, Malta disorienta i percorsi dei migranti, Malta non si è adoperata per salvare i migranti in mare, un tema delicato. Chiedo a Manuel se è cambiato qualcosa”.
“Oggi sappiamo ancora meno su quello che sta succedendo. Una cosa è certa : i migranti non arrivano più qui, chissà cosa si sta facendo nel mare di sorveglianza di Malta, in quel territorio così grande è veramente difficile fare sorveglianza giornalistica, i migranti evitano Malta e qualcosa di oscuro sta accadendo per garantire questa cosa, Malta rimane un paese dove le indagini di Daphne non hanno prosecuzione e le persone coinvolte godono di impunità. Non solo: due mesi fa abbiamo scoperto una frode su benefici dello stato dato a gente per avere voti, uno schema di frode organizzata dal governo stesso; in questa situazione con le risorse dello stato vanno a servizio del partito di governo dobbiamo insistere con il lavoro giornalistico per tornare ad un asseto dove il diritto è alla base del nostro Paese”, ha concluso Manuel Delia.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21