80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

C’è un giudice a Reggio Calabria

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Mimmo Lucano, a lungo agli arresti domiciliari e condannato a tredici anni e due mesi dal tribunale di Locri, con una sentenza nella cui motivazione si leggono anche pesanti giudizi etici (un “falso innocente» che avrebbe agito con una «logica predatoria delle risorse pubbliche» per soddisfare «appetiti di natura personale, spesso declinati in chiave politica»), ha visto oggi la Corte d’appello di Reggio Calabria assolvere i suoi coimputati (salvo uno) e ridurre drasticamente la condanna a un anno e sei mesi di reclusione.

Da quel che si può capire dal dispositivo letto oggi in udienza, la condanna dovrebbe riguardare un episodio di abuso d’ufficio per l’affidamento del servizio di raccolta di rifiuti. Un reato che a detta del Ministro della giustizia andrebbe abolito perché inutile e fonte di ritardi e costi processuali (9 condanne su 5.000 processi penali).

Ovviamente, come si suol dire in queste occasioni, aspettiamo di leggere la motivazione, che probabilmente ci riserverà ulteriori piacevoli sorprese. Ma già il dispositivo giustifica alcune valutazioni.

L’indagine, nata da ispezioni al Comune di Riace disposte dal Prefetto di Reggio Calabria dell’epoca (successivamente nominato da Salvini capo del dipartimento libertà civili e immigrazione del Viminale) e da indagini della Guardia di Finanza, non ha retto al vaglio del giudizio della Corte d’appello. La difesa di Lucano, sostenuta dagli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, aveva sostenuto, oltre ad alcuni plateali errori delle indagini (un’intercettazione erroneamente trascritta dalla polizia giudiziaria), l’inconsistenza del quadro probatorio dell’accusa e questa linea è stata evidentemente condivisa dalla Corte. Ma insieme all’accusa giuridica necessariamente dovrebbero essere caduti anche i giudizi morali negativi e le feroci critiche al modello di accoglienza realizzato da Lucano. Il “modello Riace” conosciuto e apprezzato nel mondo, sia nelle aule universitarie che nelle più diverse tribune mediatiche.

E’ difficile però che quel modello, nell’attuale temperie culturale e politica, possa facilmente essere rimesso completamente in piedi. Non ostante la propria personale sofferenza per le accuse ricevute, Lucano, con l’aiuto concreto di alcune associazioni, ha continuato a praticare nel Villaggio Globale di Riace la sua idea di accoglienza. Non è certo il “modello Riace” che vedeva coinvolto l’intero paese, ma è importante che sia rimasto e rimanga in piedi il suo nucleo etico e culturale.

 


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