Il 27 giugno 1980 sul cielo di Ustica il Dc9 dell’Itavia, partito da Bologna con 81 persone a bordo fu colpito da un missile lanciato da un aereo francese, il bersaglio era un Mig libico che si era messo in scia e che avrebbe dovuto avere a borgo il colonello Gheddafi. I francesi con l’appoggio degli americani simularono un’esercitazione della Nato per spacciare l’attentato come incidente involontario. Il dittatore libico non era a bordo perché avvisato da Bettino Craxi dell’attentato alla sua vita. Sono le parole dell’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato in una sorprendente intervista al quotidiano La Repubblica. Parole importanti, che hanno valore per l’autorevolezza di chi le ha pronunciate, che devono fare riflettere, che non cambiano lo scenario di ciò che è accaduto al Dc9 perché nel 2013 la Cassazione aveva già messo nero su bianco che l’abbattimento dell’aereo era stato causato da un missile. Le parole di Amato rafforzano la verità sulla responsabilità dell’accaduto, che è dell’aereonautica francese con la complicità di quella americana e su tutto il depistaggio che ne è seguito con l’obiettivo di proteggere la Nato.
Sono trascorsi quarantatré anni dall’omicidio delle 81 persone che erano a bordo, è vero che non è mai troppo tardi per togliere dubbi alla verità, ma le eventuali scuse francesi e americane, come chiede Amato, arriverebbero fuori tempo massimo, l’ammissione della responsabilità deve avvenire in sede giuiridica. Mi pare che fin qui sui fatti l’intervista non porta nulla di nuovo, Andrea Purgatori, anche con la stessa collaborazione di Amato, nei suoi articoli e speciali tv, ce lo aveva già ben spiegato cosa accadde quella notte sul mare della Sicilia. Quello a cui dovremmo porre più attenzione è il contorno raccontato dall’ex presidente della Corte Costituzionale. Diamo ordine alle parole di Amato. La spia che avvisò Gheddafi è Bettino Craxi, lo stesso segretario socialista non volle che si sapesse dell’accaduto per non essere accusato di infedeltà alla Nato e di spionaggio; nel 1986 da sottosegretario alla presidenza del Consiglio, sollecitato da Cossiga, presidente della Repubblica, Amato incontrò i generali che tentarono di convincerlo della bomba esplosa all’interno dell’aereo per nascondere sempre il coinvolgimento della Nato; da presidente del Consiglio sollecitò inutilmente i presidenti Clinton e Chirac a fare luce sulla vicenda.
Ognuno di questi fatti avrebbe meritato un approfondimento non solo giornalistico, anche da parte dei magistrati. Perché non è stato fatto? Perché Amato solo ora si è sentito in dovere di parlare pubblicamente di Ustica? Lo aveva già fatto in parte nel suo messaggio inviato in occasione della commemorazione dello scorso giugno, ma durante la sua lunga carriera politica avrebbe avuto tante altre occasioni. Una cosa è certa, la magistratura deve ascoltare il presidente Amato, forse ha molto altro da dire e, come ha scritto Giulietti, anche il Governo deve intervenire per far sì che queste importanti parole non diventino foglie morte in balia del vento.