Chi nelle ultime ore sosteneva che Giuliano Amato, con il suo intervento dopo l’intervista a Repubblica sulla strage di Ustica, avesse fatto un passo indietro si sbagliava di grosso.
L’ex presidente del Consiglio non solo ha ribadito quanto aveva affermato anche Cossiga, ovvero che a colpire il Dc9 Itavia fu un missile francese, ma ha spronato la politica a fare il possibile – e può fare ancora molto, se vuole, sostiene Amato – per chiarire la vicenda di Ustica.
E non è detto che debba essere necessariamente la politica italiana, insiste.
Come ha sostenuto con forza durante la conferenza alla Stampa estera di ieri, potrebbe anche essere quella francese.
”Se ho il dubbio che 40 anni prima da un mio aeroporto sia partito un aereo che, pur involontariamente, ha compiuto un disastro simile, non ho bisogno che me lo chieda l’Italia per intervenire” ha sbottato l’ex premier che “al giovane presidente Macron, che aveva due anni all’epoca” dice di rivolgersi da amico “invitandolo a liberarci dalla questione Solenzara”.
Il riferimento di Giuliano Amato è alla base militare francese in Corsica, da cui potrebbe essere decollato il caccia che avrebbe lanciato il missile che abbatté il Dc9 il 27 giugno 1980.
Ma la Francia, finora, ha risposto in maniera insoddisfacente e vergognosa alle esortazioni provenienti dall’Italia.
Amato ha ripreso, cercando di chiarirli, tutti i retro pensieri di tanti giornalisti e opinionisti, che – come sostiene Daria Binfietti, presidente dell’associazione familiari delle vittime della strage di Ustica – “piuttosto che approfondire e capire quali siano le esigenze di oggi” preferiscono riportare affermazioni che non propongono nulla di nuovo.
Chi scrive le righe che state leggendo non si accoda ad essi, anzi.
Non essendo assimilabili a quei colleghi responsabili, insieme alla politica, del lungo silenzio degli ultimi anni sulla strage di Ustica, certi che gli elementi già acquisiti siano più che sufficienti per muoversi in modo diverso da quanto fatto finora, chiediamo conto a chi governa oggi, e ha gli strumenti per fare di più, della loro conferma.
E’ grave se un Governo resta silente e dimostra di non essere interessato a chiarire le circostanze dell’abbattimento di un suo aereo civile in tempo di pace.
Anzi, se come emerge dalla scomparsa dell’archivio del Ministero dei trasporti tutti i documenti degli anni tra il 1968 e il 1980, è complice.
Per tentare di fare chiarezza su questo aspetto, sui depistaggi per nascondere la verità, come ha denunciato per anni Andrea Purgatori, il giornalista che ha provato ad abbattere il muro di gomma alzato sulla strage di Ustica, riproponiamo una parte importante del dispositivo della sentenza ordunanza del 31 agosto 1999 depositata dal Giudice Istruttore Rosario Priore rinviando a giudizio i generali Lamberto Bartolucci, Zeno Tascio, Corrado Melillo e Franco Ferri e gli altri 5 ufficiali accusati di “attentato contro gli organi costituzionali con l’aggravante dell’alto tradimento”.
La distruzione delle prove
È evidente la risoluzione di occultare o distruggere qualsiasi documentazione che anche da lungi avesse potuto provare quella situazione complessa.
Il disegno è apparso con tutta chiarezza, dalle grandi linee ai particolari. Per anni s’è sostenuto, nella più che probabile previsione, e speranza, che mai l’inchiesta sarebbe addivenuta a cognizioni anche minime dei meccanismi di funzionamento dei sistemi radaristici e all’accertamento delle sparizioni senza numero di documenti – ai primi passi e per lungo cammino non s’è avuta nemmeno contezza di quanti e quali fossero –, e che bastasse per la ricostruzione dell’evento quanto già agli atti. E da questa sufficienza che avrebbe mostrato come nell’attimo e nel punto del disastro non vi fossero altri velivoli, la prova che il DC9 non era stato abbattuto, e che la causa del disastro andasse ricercata altrove. Non solo: le critiche e gli attacchi violenti a quelle ipotesi che si proponevano indagini oltre il tempo e il luogo, di certo più che limitati, di caduta del velivolo. Chi guidava questi attacchi sicuramente era a conoscenza che non v’era quasi più possibilità di ricostruire il prima e il dopo come l’intorno spaziale dell’evento, essenziali per la comprensione dei fatti, perchè tutto era stato distrutto, o era scomparso. Distruzioni e sparizioni non casuali – non è più possibile sostenerlo – ma tutte in esecuzione di un preciso progetto di impedire ogni fondata e ragionevole ricostruzione dell’evento, dei fatti che lo avevano determinato e di quelli che ne erano conseguiti.
Progetto – non è più possibile affermare il contrario nè chiamarlo in altro modo – che prevedeva la sistematica distruzione di ogni prova dei prodromi e del seguito del fatto, e che ha avuto un altrettanto sistematica attuazione. Giacchè in ogni sito AM è stato quasi alla perfezione adempiuto.
Si prenda in considerazione il prima, la fase anteriore alla caduta, cioè la rotta del velivolo, dal decollo al disastro. Ebbene, come già s’è avuto modo di dire in dettaglio, si parta da quel sito che per primo “batte” il DC9, Poggio Renatico. L’11° CRAM cioè, ha ricevuto il piano di volo di questo velivolo dal NIMA gli assegna il NTN LE157.
E’ questo un CRAM, già all’epoca inserito nel sistema Nadge, dotato del più evoluto macchinario, con una capacità di detezione, anche per la particolare posizione geografica, addirittura dell’ordine di 450 miglia. Quasi il fiore all’occhiello dell’AM in quel periodo. Batte, come detto, l’inizio della rotta del velivolo che era decollato a qualche decina di chilometri di distanza ed aveva preso quota con celerità dovendo superare l’Appennino. Viene richiesto dei dati del DC9, ma trasmette solo un plottaggio in coordinate Georef, mentre avrebbe potuto inviare THR o addirittura CDR che avrebbero consentito di seguire il tratto iniziale della rotta del velivolo, di spiegare la presenza e i movimenti dell’Awacs con missione assegnata orbitante sull’Appennino tosco-emiliano, di rilevare il dirottamento dell’F111 su Aviano, di interpretare l’inserimento dei tre velivoli – oltre il Bergamo-Roma – tra Firenze e Siena, sulla traiettoria del DC9. Ovviamente di esso non vengono rinvenuti, sino ad oggi, alcuna THR e con maggior ovvietà nessun nastro di registrazione. Quanto ai registri di questo sito analoga operazione. Su quello dell’IC non v’è alcuna annotazione. Su quello del MIO non v’è alcuna traccia della riduzione dati pur compiuta durante la notte, provata dalla trasmissione del plottaggio delle h.01.00 da Jacotenente – che lo aveva rilevato da Potenza Picena, che a sua volta lo aveva ricevuto da Poggio Renatico – per telefono a Martina Franca. Su quello dell’MC, addirittura la beffa sfrontata. Nel corso della esecuzione di provvedimento effettuata dall’Ufficio, e dalla sua Polizia giudiziaria esso non viene trovato; cinque giorni dopo negli stessi luoghi ispezionati è rinvenuto da personale del CRAM; ma non viene trasmesso all’AG o alla PG in esecuzione di quel provvedimento del novembre 95, bensì allo SMA, che lo gira a quest’Ufficio. E così immediatamente si accerta che esso manca del foglio relativo al 27 giugno 80 turno notturno, palesemente distaccato con un taglio come di lametta. Ogni sospetto può prender corpo. L’operazione avvenne al tempo in esecuzione dell’immediato progetto di distruzione d’ogni prova o quel foglio sfuggì per distrazione o pura dimenticanza e si provvide in altri momenti o addirittura, ipotesi ancor più grave, negli ultimi passaggi?
A seguire dopo Poggio Renatico, Poggio Ballone, anch’esso un CRAM, in semiautomatico all’epoca già inserito nella rete Nadge. Di questo sito – che pur ha seguito la rotta del DC9 con il detto NTN dall’Appennino tosco-emiliano a sotto Ponza, e quindi ha “visto” l’Awacs, ha visto l’inserimento, quanto meno come remoto, dei quattro detti velivoli sulla rotta del DC9, ha seguito gli F104, ha visto il velivolo che sta per entrare nell’Ambra 14, ha registrato l’emergenza “squoccata” dai detti caccia – si erano addirittura preservati i nastri di registrazione radar, concentrati in una corretta esecuzione del primo provvedimento di Palermo; nastri che però già nella terza decade di luglio non si trasmettono e quindi spariscono. La CDR che se ne sarebbe potuta estrarre e che di certo qualcuno ha estratto ed esaminato, da quel tempo s’è persa CDR che avrebbe permesso di dare spiegazione a tutti i fatti sopra menzionati ed anche alle azioni del DC9. La THR apparentemente sembra essersi salvata – ne sono state acquisite agli atti quattro copie – da questa che comincia ad apparire sempre più una sistematica distruzione. Ma la distruzione non avrebbe avuto questa connotazione, se non si fosse provveduto a cancellare il periodo di tempo di maggior interesse, quello che si pone tra 18.30 e 18.33, allorchè si verifica la situazione che determina lo “squoccaggio” degli F104.
In tre THR eguali perchè copie carbonate, il gap effettivamente va da 18.30 a 18.33 (in queste v’è pure l’ancora non spiegata ripetizione di ben cinque minuti da 19.33 a 19.37). Nella quarta copia il gap è tra 18.31 e 18.36. Ma che la registrazione ci fosse anche nell’intervallo di gap è provato – il piano, che pure in questo sito appare chiaramente voluto, giacchè non solo spariscono i nastri ma vengono cancellati tratti della THR, come s’è detto, ha avuto qualche falla nei minuti appunti non tutti distrutti – dal casuale ritrovamento (non lo si può definire altrimenti) di un foglietto volante manoscritto con battute tra 18.23 e 18.32 – e così si riempiono due minuti del gap – sequestrato il 14 luglio 94 in una cartella, rinvenuta in un sottotetto, su cui vi era una targhetta con la scritta mese di giugno. Ma quel che è più strano e conferma la tesi del doppio aereo è che i dati – si badi continuamente aggiornati in velocità e quota – non appartengono al DC9, bensì ad altro velivolo che ha le stesse direzione e coordinate dell’Itavia, ma quota diversa, molto più bassa di quella del DC9. In questo sito sono altresì scomparsi i nastri di registrazione delle comunicazioni con altri siti e TBT, che avrebbero consentito di ricomporre tutte le relazioni di questo CRAM posto in posizione privilegiata per la captazione ed osservazione degli eventi di maggior rilievo sulla rotta del DC9, in particolare con i velivoli di Grosseto che erano sotto la sua guida-caccia ed hanno “squoccato” quella emergenza principalmente perchè da esso venisse percepita.
Anche qui l’operazione è stata eseguita. Ma non solo sui dati radaristici, bensì anche sui registri di sala e relative annotazioni; annotazioni che non vengono spiegate o vengono male spiegate, o non corrispondono alla verità, come quella sulla consegna Awacs e quella sulla richiesta di autorizzazione, ad h.05.15, per la riduzione della traccia LE157, quando il MIO Miracco aveva ammesso che la prima riduzione era stata iniziata a mezzanotte.
E senza dimenticare, da ultimo, che tale sito non trasmette secondo la procedura prescritta, nè per cross tell nè per telefono, i dati di questa traccia a Licola.
Anche sul sito di Ciampino, che pure fu per tempo raggiunto dai provvedimenti di sequestro, male esecuzioni, colpevoli silenzi e immediate sparizioni. Furono infatti consegnate tra le registrazioni delle comunicazioni solo quelle concernenti il Traffico Aereo; non lo furono invece quelle della Difesa Aerea. Nessuno ne ha parlato e nè l’inquirente nè la polizia giudiziaria potevano essere a conoscenza del numero delle apparecchiature di registrazione nè che su otto ben cinque fossero destinate alle comunicazioni militari. In seguito non se n’è trovata più traccia. E che fossero importanti ne è prova che su di esse vi erano di certo le comunicazioni di Del Zoppo di Marsala e, di più, che esse furono trascritte dall’AM. Qui furono poi eseguite prima della dovuta sigillatura copie dei nastri radar e fonici. Quanto al cartaceo, anche qui s’è colpito. Dal Log della sala operativa infatti manca proprio – e si è avuto il coraggio di chiamarle coincidenze – proprio il foglio relativo al 27 giugno 80.
Procedendo sempre lungo la rotta, il CRAM di Potenza Picena, di massima importanza perchè aveva la massima detezione sul segmento centrale della rotta dell’I-Tigi, quello su cui si verificano gli eventi più strani. Di esso non s’è trovato nè nastri nè registri. Solo quattro THR. Inutile ripetere che se si fosse rinvenuto il nastro di registrazione, si sarebbe stati in grado di ottenerne la CDR che avrebbe dato spiegazione a molteplici circostanze di quelle stranezze. La THR, che pur dà aiuto, ma non più di tanto, comunque rivela che la LK477 non esiste. Come rivela che il sito riceve la traccia del DC9 sia da Poggio Renatico sul canale 1, da 18.33 a 18.40, che da Poggio Ballone sul canale 5, da 18.27Z a 18.40.25Z; la trasmette a Jacotenente, sul canale 3; e uno di questi due siti (precisamente Poggio Ballone) trasmette due quote dello stesso 1136 proprio nel periodo di tempo in cui Ciampino ha il DC9 in avvicinamento, quindi “vede” bene il DC9 e rileva dapprima un primario accanto ai combinati del DC9 e del Bergamo-Ciampino e successivamente il doppio 1136 anche dagli estrattori (2 e 4) del Selenia, che è stato sempre tanto esaltato in affidabilità quanto vituperato il Marconi. Riduzioni in ogni modo furono compiute presso il sito sia durante la notte che l’indomani mattina; ad ulteriore riprova, contrariamente a quanto sostenuto, e a spada tratta, da determinati ambienti, che quella sera e le conseguenti ore non furono una tranquilla notte d’estate. Ambienti che resisi conto del valore di quelle documentazioni ben provvidero a non conservarle e farle sparire.
Effetti ancor più devastanti al CRAM di Jacotenente, presso il quale non si trovano nè nastri nè registri nè riduzioni. Che pure avrebbero, queste ultime, valore, giacchè avendo ricevuto Jacotenente da Potenza Picena la traccia del DC9, si sarebbero potuti “vedere” anche nelle registrazioni di questo sito i doppi 1136.
Analoghi, anzi più gravi discorsi sugli effetti dell’operazione su Licola. Era questo un CRAM ancora in fonetico-manuale, ma in una posizione privilegiata per “vedere” sul Tirreno centrale e meridionale, seguire l’ultimo segmento della rotta del DC9. E non solo: era pure in grado di “vederne” anche il prima e il dopo del disastro in quel tratto di mare ove usualmente si tenevano le esercitazioni aeronavali. Di questo sito il documento di maggior rilievo, l’unico che avesse potuto narrare quanto “visto”, sarebbe stato il DA1; ma esso è sparito. Esiste soltanto il plottaggio di cui al telex dell’11 luglio, assolutamente non coerente con le comunicazioni telefoniche dello stesso sito e le THR di altri siti. Mancano plottaggi noti, richiesti e non riportati come quelli, lo si ripete per l’ennesima volta, relativi all’AG266, alla LK477, all’AG262 (l’Air Malta), il plottaggio del Grummann della telefonata delle 20.27. In particolare l’AG266 è palesemente falso e di certo è stato così formato su preciso input, lo stesso che aveva determinato la sparizione del DA1 o del reale brogliaccio di quella sera. Mancano tutti i plottaggi trasmessi quella notte per telex a Martina Franca dall’ora dell’incidente alle 01.30Z della notte tra il 27 e il 28, ivi compresi – e mai si appurerà a sufficienza sulla stranezza di tale richiesta di Martina Franca – quelli delle tracce amiche. Mancano, da ultimo, i nastri TBT, che pure erano stati conservati ed usati di certo per redigere il telex dell’11 luglio.
Quindi il CRAM di Marsala. Questo sito, anch’esso al tempo in semiautomatico e già nella rete Nadge, ovviamente con piena portata alla distanza del disastro, e quindi del tratto terminale della rotta del DC9 e di quanto successo nel dopo da quel luogo, è l’unico di cui l’inchiesta, seppure in ritardo per gli ostacoli frapposti nella esecuzione del sequestro, sia riuscita ad assicurarsi i nastri di registrazione. Di essi perciò, quando si è scoperto delle possibilità di riduzione, si sono ottenute più data reductions, di cui la più importante, a parte la THR, è stata la CDR. Ma come s’è detto questi nastri sono rimasti più mesi nelle mani del CRAM, cioè dalla notte dell’evento sino alla consegna del 3 ottobre al PM di Roma e presentano i noti vistosi due “buchi” di registrazione, sul nastro 99 da 19.04 a 19.48, e sul 100 da 19.04 a 19.12, dovuti all’asserito cambio di nastri per l’esercitazione. Ebbene questo è l’unico cambio di nastri per un’esercitazione, che si verifichi, stando alla lettura dei registri del MIO acquisiti, tra il 79 e l’83. E quindi ne deriva la mancanza di tracce per tutti i 34 minuti di vuoto di registrazione. Per una Synadex s’è detto, che però per diverse ragioni non appare verosimile si sia tenuta; per la mancanza dei codici di accesso per i contenuti di più telefonate che depongono contro la sua effettiva realizzazione, per la sequela di strani stop ad essa. Manca poi il DA1, che era obbligatorio redigere in caso di sospensione dell’attività in semiautomatico ed inviare poi a Martina Franca. Mancano tutti i registri di sala, ad eccezione di quello già detto del MIO e di quello dell’IC, che però risulta strappato proprio nella pagina del turno notturno del 27 giugno 80, e mostra la stranezza di recare le annotazioni delle attività di sala che dovevano invece essere riportate sul registro dell’MC. Mancano – e così risulta dall’esame dei nastri, anche secondo la NATO – proprio quelle azioni ovvie, nelle attività degli operatori, al momento dell’incidente. Manca la entry 51 delle 19.02.32 locale per Marsala e non appartenente a velivolo civile. Mancano come già s’è detto le tracce da 19.22 a 19.48, che pure appaiono dal traffico trasmesso in cross tell a Poggio Ballone e la cui esistenza è provata dai salti nella numerazione delle entries, che comunque sono in numero maggiore di quello dei velivoli civili. Nessuno aveva parlato, prima degli esperti dell’NPC – anzi era stato negato da quelli dell’AM – della possibilità di trarre le coordinate di Ball Tab, possibilità che, quanto al sito di Marsala, ha consentito di accertare un’azione di guida assistita in atto alla ripresa della registrazione a 19.48 sul luogo dell’incidente.
Anche in questo sito, nonostante la presenza dei nastri, si era provveduto con mano intelligente ad eliminare ogni traccia. Senza tener conto dell’incomprensibile comportamento degli operatori, che droppano, in area di inizializzazione automatica, le tracce subito dopo la inizializzazione. Ma droppano solo i velivoli militari, mentre seguono le tracce dei velivoli di linea civili.
Da ultimo il CRAM di Siracusa. Di questo sito non s’è rinvenuto il DA1, d’utilità insostituibile giacchè Siracusa avrebbe dovuto vedere – e la sua portata arrivava sino alla Sila – in sostituzione della temporanea “cecità” di Marsala dalle 19 in poi per la Synadex. Inviato a Martina Franca questo documento non è stato più trovato. Come non si sono trovati – si ripete, ovviamente – i nastri delle conversazioni con altri siti.
Questo alla base dell’Arma. Ma situazioni analoghe ad alti livelli, come s’è visto, sino al vertice. Così come in altre istituzioni militari e civili.