Quando si parla di mafia, si tende a farlo nelle ricorrenze delle stragi, nominando solo le persone e i volti più conosciuti. Ma ci sono alcune storie altrettanto forti e potenti che vanno raccontate, soprattutto a ragazze e ragazzi.
È questo che fa Paolo Borrometi, giornalista e scrittore siciliano, nel libro Siate rompiscatole! in cui racconta la vita e l’opera di Padre Pino Puglisi, assassinato dalla mafia il 15 settembre 1993. Una sola la sua colpa: aver cercato di educare i bambini e i ragazzi per sottrarli alle organizzazioni criminali. Le sue armi furono un sorriso, una scatola di cartone e un pallone da calcio. Paolo Borrometi, che vive sotto scorta dal 2014 perché ha sempre cercato di denunciare la criminalità organizzata, ci parla di Padre Pino Puglisi e di come la gentilezza, che sembra quasi un gesto scontato, è il più grande atto rivoluzionario del mondo.
Nel libro ti presenti alle classi con una scatola in mano. Perché?
Ero innamorato della figura di Padre Pino Puglisi. Quando mi venne raccontato per la prima volta questo episodio, fu l’ennesima motivazione che mi confermava la sua grandezza. Cosa faceva lui? Insegnava. Ogni volta che iniziava un ciclo scolastico il primo giorno arrivava in classe con una scatola. Iniziava la presentazione del suo corso ma i ragazzi erano ormai incuriositi. A quel punto chiedeva: «Sapete perché ho portato questa scatola?», e i ragazzi tentavano di rispondere. Il suo obiettivo era rompere il clima di diffidenza verso un sacerdote-insegnante. A fine lezione saliva sulla scatola e la rompeva dicendo: «L’ho portata per farvi un grande invito. Siate rompiscatole». Questo è uno degli episodi che ha contribuito al mio innamoramento: lui è stato ucciso perché era un rompiscatole. Ha sfidato la mafia con una scatola di cartone e un pallone sotto al braccio, togliendo i bambini alla manovalanza mafiosa. La sua vita ci fa capire quanto combattere sia piuttosto semplice, in fondo.
La tua vita e quella di Padre Pino Puglisi hanno molti punti in comune…
Non penso di potermi nemmeno avvicinare alla sua grandezza, oltretutto viveva in un altro contesto storico, cioè il quartiere Brancaccio a Palermo negli anni ’50.Certamente però posso dire che con le sue scelte, con le sue parole, Padre Pino Puglisi è stato un nemico giurato dei mafiosi. Io ho tentato di combattere con la penna, con le parole. Questo è un primo tratto in comune, che affermo sempre in punta di piedi.
Entrambi poi siamo stati vittime di attentati. La violenza mafiosa ha decretato la sua morte ma forse anche la vita eterna, non solo in senso religioso, ma anche come possibilità di essere ricor- dato per sempre. Nel mio caso sono stato più fortunato, anche se porto ancora i segni fisici e psicologici dell’attacco che ho subito, di cui parlo nel libro.
È stato difficile raccontare la forza di Padre Pino Puglisi?
È stato complicato scrivere questo libro facendo un parallelismo tra me e lui, perché la mia storia è molto più modesta e parla di vita, la sua è una storia che tuttora vive anche se lui non c’è più. La mafia, inoltre, non ha considerato come le storie simili a quella di Padre Pino Puglisi diventino così eterne da con- dannare chi l’ha ucciso. Noi ricordiamo Falcone e Borsellino quasi come un obbligo. Padre Pino Puglisi è molto meno citato di altri eroi ma fa comprendere come la gentilezza sconfigge il Male.
“Ciò che è un diritto, non si deve chiedere come un favore.” Quali sono i diritti che oggi sono considerati favori? Per quali ti stai battendo ancora tu? E Padre Pino Puglisi cosa avrebbe fatto?
Il lavoro in Sicilia è ancora scambiato come un favore anziché essere preteso come un diritto. “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” dice il primo articolo della Costituzione, eppure alcuni politici fanno finta di nulla.
La libertà è ancora considerata un favore: quante persone si piegano alle mafie, alla paura, alle omissioni? Chi non parla giustifica la violenza delle mafie, e le mafie sentono così il diritto di togliere la libertà ai cittadini. Io mi sto battendo per questi diritti facendo prima di tutto il cittadino e poi il giornalista. Chi ha visto quello che ho visto io ha il dovere di raccontare. Attualizzando Padre Pino Puglisi, non ho la presunzione di dire cosa avrebbe fatto se fosse vissuto nel 2023, ma rispecchiando la sua realtà con quella di oggi, penso di poter dire che avrebbe continuato a lottare per gli stessi diritti di un tempo: permettere ai ragazzi di studiare, lavorare, giocare e sognare un presente e un futuro diverso per questo martoriato paese.
In libreria ragazze e ragazzi non cercano, di solito, libri sulla mafia (a meno che non lo abbiano chie-sto a scuola). Perché un libraio dovrebbe consigliare questo libro a chi non lo sta cercando?
Io gli direi che questo è un libro per capire come nei piccoli gesti quotidiani ci sia la vera rivoluzione. La forza di Padre Pino Puglisi sta nella semplicità. Il libro parla di come oggi si possa essere sognatori realisti, costruendo il proprio futuro iniziando dal presente. Padre Pino Puglisi è la testimonianza vivente di come si può essere liberi anche se si nasce in un quartiere periferico e così possono fare anche i ragazzi che lo leggeranno.
Perché è importante che i ragazzi conoscano la storia di PPP?
Tutti diciamo che Papa Francesco è il rivoluzionario del suo tempo, ma Padre Pino Puglisi è il suo modello in formato sacerdote. Ancora oggi sarebbe rivoluzionario, forse più del Papa. Padre Pino Puglisi ci ha insegnato a sorridere nonostante le paure e le preoccupazioni. Persino il suo atto finale lo affronta con il sorriso.
È riuscito anche a convertire persone quando stava per morire. Il suo killer, Salvatore Grigoli, uno dei più spietati di Cosa Nostra, dirà che si è pentito perché quel sorriso non lo abbandonava di notte. Era il sorriso di una persona che stava dicendo “ti stavo aspettando”. Non dico che bisogna sorridere alla morte, ma a volte dobbiamo affrontare la vita con un po’ più di leggerezza.
Sorridere a chi ti sta uccidendo è un gesto che racchiude perdono, leggerezza, la normalità della persona che si è, la semplicità della persona che si è. Padre Pino Puglisi non sognava di fare l’eroe, me lo immagino sorridere anche ora che ne stiamo parlando. Il sorriso è un gesto dolce, positivo e sorridere davanti a chi ti sta uccidendo è il gesto più rivoluzionario al mondo. Non è una cosa assurda? Un sorriso può sconfiggere la mafia.