Ogni giorno, ogni santo giorno siamo nel mirino. Morte ammazzate, violentate, minacciate, ricattate.
E quel che è peggio, è la violenza ulteriore postuma. La ricerca di giustificazione da parte di taluni, per motivare le azioni dei responsabili, per alleggerire la loro posizione, per sottolineare che in qualche modo ce la siamo cercata.
Per le nostre idee, il nostro lavoro, i nostri abiti, la nostra fierezza, l’indipendenza, un rossetto o un bicchiere di troppo.
Quante di noi subiscono violenza ogni giorno delle forme più disparate? Quanta strada ancora c’è da fare?
Occorre aprire i telegiornali con i femminicidi, non relegare le notizie in secondo piano. Perché è un allarme sociale, culturale, diffuso.
Bisogna dire, raccontare, fare squadra punto soprattutto tra donne, anziché urlare allo scandalo se una mamma a cui è stato ammazzato il figlio, rilascia un’intervista con il rimmel agli occhi. Come se la sua disperazione potesse soppesarsi da lì.
Bisogna fare scorta mediatica alle giornaliste minacciate perché fanno semplicemente il loro lavoro, raccontano. E Napoli e la Campania in questi giorni vedono allungarsi la lista nera delle croniste a rischio, come Luciana Esposito e Marilena Natale
Bisogna spiegare a più di qualcuno che si, se una ragazza di 16 anni ubriaca fa sesso con un maggiorenne, quella è una notizia. Ed è oggetto di attività di indagine (visto che più di qualcuno ritiene esagerato tanto “clamore sulla stampa”)
Bisogna dare per acquisito che le storie finiscono, che ci si può innamorare di qualcun altro, che gli uomini ci lasciano e che noi lasciamo gli uomini. Perché c’è libertà di amarsi e di non amarsi più.
Bisogna presentarsi a un colloquio di lavoro, senza essere denudate della propria intimità tutte le volte che ci chiedono se abbiamo figli o abbiamo intenzione di partorirne.
Bisogna poter intrattenere sereni rapporti di lavoro senza essere oggetto di ricatto sessuale. Né diretto né velato. Senza essere “punite” perché non accettiamo un invito a cena, perché respingiamo le avances al mittente.
Bisogna poter girare per strada a qualsiasi ora del giorno e della notte, con un burqa o in bikini, senza paura.
Io sono donna e sono femmina. E allora?
Io sono persona. Libera.
Tutte noi lo siamo. E abbiamo diritto ad esserlo.
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