Se confermata, e quella ci sembra l’aria, desta orrore la notizia che non verrà rinnovato l’accordo fra il Ministero della Pubblica istruzione (ci rifiutiamo di utilizzare la nomenklatura attuale, essa sì ideologica e controproducente) e l’A.N.P.I. per insegnare i valori della Resistenza a scuola, con la partecipazione di partigiani e storici. Come sostiene giustamente l’associazione dei partigiani, era un modo per mantenere vivi e divulgare gli “ideali di democrazia, libertà, solidarietà e pluralismo culturale” figli del nostro secondo Risorgimento.
Ricordiamo con nostalgia i tempi in cui valorizzare l’anti-fascismo e farne la bussola della nostra comunità era normale, quasi scontato. E ricordiamo anche la passione e l’entusiasmo di ragazze e ragazzi nel confrontarsi con i pochi partigiani rimasti, gli storici e i giuristi, in modo da tener viva non solo la memoria della Costituzione, innaffiandone le radici, ma più che mai i principî ispiratori.
Sosteneva Piero Calamandrei che “trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere”. Ebbene, talvolta si ha l’impressione che a questo governo di avere dei cittadini anziché dei sudditi non interessi granché. La memoria storica, infatti, costituisce il primo presidio della democrazia. L’oblio, l’ignoranza, la mancanza di collegamenti, l’incapacità di porre in relazione i singoli eventi e il presentismo sono mali già presenti all’interno della società, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di chiunque. Alimentare la pericolosa tendenza a misconoscere i protagonisti della nostra vicenda nazionale, minimizzare l’importanza di determinati eventi e attuare un processo di “normalizzazione” di fenomeni e ideologie che non possono essere sminuiti o considerati alla stregua delle altre idee e visioni politiche, essendo la negazione stessa di ogni idea politica e di ogni visione alternativa, è dunque inaccettabile.
Il fascismo, in un Paese democratico, non può e non deve esistere. Non può avere rappresentanza nelle istituzioni, non può essere invitato a dibattiti, non può essere accolto nei talk show come se si trattasse di un pensiero politico tra gli altri, non può essere in alcun modo legittimato e deve essere conosciuto e studiato affinché non attecchiscano più i suoi germi.
Chiunque mini la tensione etica anti-fascista è, pertanto, responsabile del progressivo scivolamento della società italiana verso la barbarie, volontarie o involontarie che siano determinate decisioni. E poiché alla casualità di certe scelte, se permettete, non ci crediamo, ci domandiamo cosa vogliano davvero i “patrioti” contemporanei che, ricordiamolo e ricordiamoglielo, hanno giurato sulla Costituzione nata dalla Resistenza.