La proclamazione ufficiale dell’armistizio di Cassibile con le truppe anglo-americane diede la breve illusione che per gli italiani la guerra fosse finita. Ma la condotta esitante e incerta del re Vittorio Emanuele III e del Governo Badoglio che tergiversarono per cinque giorni prima di comunicare agli italiani la svolta politica e militare, che diedero disposizioni ambigue all’esercito, ai funzionari e alla popolazione italiana, che fuggirono maldestramente da Roma, gettò tutto il paese nel baratro della disorganizzazione e della facile, quanto ferrea e crudele, occupazione tedesca.
Quando il 13 ottobre il re e il governo Badoglio proclamarono la guerra alla Germania, al centro-nord si era già costituito lo stato fantoccio denominato Repubblica Sociale Italiana con a capo Mussolini e un ricostituito partito fascista che di fatto erano sotto il diretto controllo di Hitler e dei suoi funzionari; ma soprattutto occupato militarmente dalle truppe naziste. L’Italia non era solo divisa tra sud e nord ma al nord si lacerava in una terribile e sanguinosa guerra civile, tra coloro che aspiravano alla libertà dalla dittatura, alla pace e coloro che continuavano a servire la dittatura e accettavano l’occupazione nazista. Si ripropose con drammaticità la necessità di scegliere fra l’obbedire ciecamente al potere autoritario dei nazifascisti (come era accaduto per un ventennio con la dittatura di Mussolini) o la lotta di liberazione.
All’inizio furono pochi a ribellarsi. Gli scioperi delle grandi fabbriche del Nord avevano aperto gli occhi a molti; ma disertare e salire a combattere non fu una scelta facile. Per questo dobbiamo ricordare. E rendere omaggio alle donne e agli uomini che in Valle d’Aosta, dopo l’8 settembre 1943, mettendo a rischio la propria vita, lottarono per la libertà.