Il SIR, Servizio di Informazione Religiosa, ha dato meritoriamente conto della presenza , mercoledì scorso, in Piazza San Pietro, dove è stato brevemente introdotto al baciamano di papa Francesco, del signor Rayan al Kildani (o al Kaldani), sottoposto a sanzioni dagli Stati Uniti per crimini di guerra. Il filmato che lo immortalò mentre tagliava un orecchio a un prigioniero ammanettato non è stato discusso sin qui ed è all’origine della decisione di Washington, che aggiunge però altre accuse alle quali sarebbe importante rispondere: Washington infatti ha imposto sanzioni contro al Kildani per le azioni che avrebbe messo in atto per impedire a molti cristiani di rientrare nelle loro case, saccheggiando in particolare il villaggio Batnaya, come affermato ufficialmente dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti già nel 2019. Alla Casa Bianca sanno certamente anche della presenza di al Kildani in persona, il 31 dicembre 2019, tra gli estremisti organizzati dal generale dei pasdaran Soleimani che assalirono l’ambasciata americana di Baghdad. Che lui abbia sempre lodato il capo del famigerato battaglione al Quds dei pasdaran è noto, grazie anche alle sue stesse affermazioni pubbliche in tante occasioni, persino durante il ricordo ufficiale di Qassem Soleimani. Anche le fotografie che lo immortalano in quella piazza il 31 dicembre del 2019 sono note.
Il torbido intreccio che ha fatto di Soleimani, tra gli organizzatori del braccio miliziano di Hezbollah e del jihad islamico, prima un possibile aiutante occulto della creazione dell’Isis e poi un suo nemico giurato è uno dei gangli che fin quando verrà chiarito impedirà di capire come gli opposti estremismi hanno distrutto il Levante.
Ora al Kildani, eletto al parlamento iracheno da quelle stesse milizie filo-iraniane, controlla nell’esecutivo iracheno, tramite una sua seguace eletta anche lei, il ministero degli sfollati. Molti dei quali potrebbe, secondo le accuse, averli causati da lui stesso. Esagerazioni? Un precedente storico certo aiuta a capire perché questo sospetto si basi su una consolidata prassi. Quando in Libano si concluse la guerra civile, il vincitore, la Siria, designò per l’incarico di ministro degli sfollati un criminale accertato; Obeika, l’esecutore materiale della strage di Sabra e Chatila.
Oggi l’onorevole al Kildani è al centro di una disputa decisiva per il futuro dei cristiani. Dopo un suo colloquio con il presidente iracheno Rashid, anche lui ufficialmente filo-iraniano, la presidenza irachena ha ritirato il decreto che fa del patriarca caldeo, il cardinale Sako, il legittimo titolare dei beni immobili caldei. Il patriarca di lì a breve è dovuto fuggire a Erbil, nel Kurdistan iracheno, per le gravi minacce che ha ricevuto.
Cosa si deve fare del patrimonio immobiliare caldeo? Il primo punto da capire è di che patrimonio stiamo parlando: il valore stimato è di alcuni miliardi di dollari e istituti internazionali sostengono che dopo aver saccheggiato numerosi monasteri cristiani, il gruppo che fa capo a Kildani, noto oggi come Brigata Babilonia, sia dietro la produzione di documenti falsi che sta portando alla vendita di proprietà immobili e terriere cristiane, intestate a esuli o profughi che nulla sanno di ciò. Il lucro dunque sarebbe enorme, l’accusa gravissima. Ma la finalità politica? Guardare dove si trovi gran parte di queste proprietà aiuta a farsi un’idea della possibile utilità. Parte di questi immobili si trova nella piana Ninive, nel nord dell’Iraq, in una zona strategica per gli iraniani che non si fidano più dei curdi, in particolare di quelli iraniani che Tehran sta reprimendo con ferocia da quando, un anno fa, fu uccisa Masha Amini, la giovane donna eliminata dagli apparati repressivi iraniani per aver indossato il velo in modo non appropriato.
Affidare quei beni invece che all’autorità ecclesiastica alla Brigata Babilonia, creata da al-Kildani con le armi di Soleimani, è una scelta che pesa nel riassetto di quell’area. I cristiani ne sono fuggiti, tra i pochi rimasti i più hanno seguito il patriarca Sako, rifugiandosi anche loro nel Kurdistan iracheno. Sanno bene cosa si stia preparando per loro visto che hanno dato luogo ad un’autentica sollevazione popolare contro Kildani e i suoi pochi mesi fa. Chi parla di voler facilitare l’ingresso di miliziani khomeinisti in quelle terre trasformandone la composizione etnico-culturale e l’utilizzabilità politico-militare.
Il problema non è solo un Iraq senza cristiani, disegno evidente, ma anche presidiato milizianamente dagli uomini che furono (e sono) di Soleimani, da sud a nord. E’ solo per questo che vale dar conto della voce, riferita anche da siiti molto importanti, che Kildani ( che vuol dire Caldeo) si sarebbe segretamente convertito allo sciismo da tempo. Quale fede ci sia nel suo cuore non conta per noi, ma certe voci aiutano a capire quali siano le intenzioni, sue e dei suoi sodali. Tra questi possiamo ricordare quell’esule iracheno che è andato a bruciare il Corano in Svezia. Era un socio di Kildani prima di emigrare, ora ha trovato l’idea giusta per restituire ai pasdaran il controllo delle piazze irachene, con le proteste che hanno inscenato dopo il suo vergognoso rogo. Che un miliziano armato ed equipaggiato dal capo dei pasdaran Qassem Soleimani vada a bruciare il Corano in Svezia è molto interessante: gli opposti estremismi hanno spesso e volentieri una sola matrice. Un religioso mai abbastanza studiato e capito, padre Paolo Dall’Oglio, parlò del pantano, “l’oscura cloaca” dove terroristi, estremisti, servizi segreti, trafficanti di questo o di quello rendono tutti i complotti possibile.
Secondo il Washington Institute papa Francesco si è rifiutato di concedere udienza tempo fa a Kildani, quando gli fu chiesta. La negò a lui e alla ministra che lo rappresenta nell’esecutivo iracheno. Ma la televisione siriana, strettamente controllata dal regime di Assad, dedicò un servizio al breve saluto che Kildani riuscì a fare al pontefice durante il suo viaggio in Iraq. Un inchino carpito grazie a qualche amico che lo ha fatto passare. Guarda caso delle tante persone che riuscirono ad avvicinarsi al papa la tv siriana colse proprio lui, facendo di quel fugace momento una sorta di benedizione “urbi et orbi”.
Quali spinte abbiano aiutato Kildani ad arrivare al cospetto dell’ignaro Francesco non lo so, so che lui è andato in Iraq sotto la sapiente regia del cardinale Sako, il legittimo rappresentate dell’enciclica Fratelli tutti in Iraq e non solo. Fu proprio il patriarca Sako a organizzare l’incontro tra papa Francesco e l’ayatollah al-Sistani, la vera guida dello sciismo iracheno, mai khomeinista e sgradito a Teheran, tanto da aver espresso la sua solidarietà al patriarca Sako dopo la sua obbligata fuga da Baghdad. Sono tanti i motivi per cui sarebbe interessante capire come abbia fatto Kildani ad arrivare fino al papa a Piazza San Pietro. Il video che ha pubblicato per accreditare l’idea che lui sia entrato in Vaticano è montato con sapienza, ma in realtà dimostra che non c’è riuscito. Ma qualcuno lo ha fatto avvicinare al papa; sarebbe interessante sapere chi. Saperlo non è indispensabile per il papa, visto che nel suo imminente viaggio a Marsiglia sarà con il patriarca Sako, che certamente avrà modo di spiegargli chi gli si sia avvicinato (il papa non lo sa di sicuro) e chi lo abbia favorito. Ma è importante per noi. Anche noi abbiamo diritto a sapere qualcosa del torbido intreccio che sta distruggendo la presenza cristiana nel Levante. E non solo quella. Va aggiunto che di disegni contro i cristiani e la pacifica convivenza tra fedi diverse ce ne saranno anche altri, è sicuro.