di Ottavio Olita
Una tessera dopo l’altra e il mosaico alla fine mostrerà, senza interferenze di sorta, il fascio littorio in tuta la sua tradizione. Una volta al mese o ogni due settimane alla ribalta si affaccia un esponente di Fratelli d’Italia con il proposito, comune a tutti loro, di riabilitare il fascismo, dando alla scellerata operazione il nome di ‘pacificazione’.
Dal compito principale affidato, all’inizio, ai capi, ai dirigenti nazionali, ora pian piano si cercherà di coinvolgere le periferie, non tanto con i tanti, troppi, ‘eia eia alalà’ e braccia tese nel saluto romano, quanto con provvedimenti amministrativi. E guarda caso, anche lì lo slogan prescelto è ‘pacificazione’.
La giunta comunale di Grosseto, con l’avallo del prefetto, Paola Berardino, che scrivono essere la moglie del ministro dell’interno Piantedosi, ha deciso di intestare una via a Giorgio Almirante e la scelta è caduta su un incrocio con quella intestata ad Enrico Berlinguer. In nome di cosa? Ma, ovviamente, della ‘pacificazione’.
A nulla sono valse le opposizioni del Pd e dell’ANPI e neppure il parere contrario della ‘Deputazione di Storia patria per la Toscana’. La solerte prefetta ha completamente avallato la scelta della giunta grossetana, avendo alle spalle l’autorevole presa di posizione del ministro (suo marito?) Piantedosi, il quale ha dichiarato: “Giorgio Almirante, parlamentare di lungo corso del nostro ordinamento repubblicano, ha già dodici siti intitolati sul territorio nazionale. Non capisco perché a Grosseto ci sia tutta questa discussione. Si tratta di una legittima determinazione del Comune a cui il prefetto avrebbe potuto negare il nulla osta solo se vi fossero stati motivi di ordine pubblico. Credo non sia possibile immaginare che vi siano problemi d’ordine pubblico per l’intitolazione di una strada ad un protagonista della vita politica decennale del nostro Paese”.
Queste le parole del responsabile di uno dei ministeri più importanti del governo che ha giurato fedeltà alla Costituzione nelle mani del Presidente della Repubblica. La storia di quella Carta Costituzionale è stata costruita sull’opposizione alla barbarie fascista di cui Almirante aveva fatto pienamente parte. Vogliamo far finta di niente? Oppure vogliamo negare che la vera ‘pacificazione’ avvenne allora quando si decise di non perseguire tutti quelli che in qualche modo ebbero pesanti responsabilità durante il regime.
A questo punto mi sembra inutile porre la domanda, peraltro legittima, agli alleati dei neofascisti se condividono tutto il percorso intrapreso di riabilitazione del ventennio. Ma come si presenteranno al loro elettorato? A fronte della vergogna dichiarata su via Rasella, della ‘sostituzione etnica’, dei ‘poveri che mangiano meglio dei ricchi’, dei tanti luoghi in cui i nostalgici possono impunemente, ai funerali e nelle manifestazioni, innalzare il braccio teso e urlare ‘presente’, ora di Almirante affiancato a Berlinguer, cos’altro potranno rivendicare? Le accise mai abbassate con i costi dei carburanti mai così alti, l’enorme aumento dell’immigrazione, la povertà in continua crescita, la sanità allo sfascio, la cancellazione del reddito di cittadinanza, il tentativo di esautorare il Parlamento delle sue prerogative, l’occupazione completa della Rai, l’illusione del ponte sullo Stretto, le alleanze europee che fanno paura, la ostruzione di uno Stato autoritario?.
E lo stesso discorso varrà per chi dovrà riconquistare l’elettorato democratico sfiduciato. Fin qua, nei primi udici mesi del governo Meloni, quali sono stati i provvedimenti che val la pena ricordare? E quali quelli che tenterà di imporre, dal premierato all’autonomia differenziata?
Bisognerà cominciare al più presto a far capire che non c’è in gioco l’alternanza destra/sinistra, in un corretto confronto democratico come avveniva in Italia fino a trent’anni fa e come continua ad accadere nelle democrazie più consolidate, qui c’è in gioco l’assetto della Repubblica Democratica nata dalla Costituzione e quasi quotidianamente sotto attacco.