Ancora un grave colpo alla Storia dell’Italia, al periodo più drammatico: gli anni delle Stragi dal 1968 al 1984 nonché alla Loggia P2 e a Gladio. Ulteriore dimostrazione di quanto il depistaggio sia uno sport molto presente in tutti i settori istituzionali. Un Paese la cui memoria viene prima violentata e poi cancellata come può costruire il suo futuro? La notizia uscita alla ribalta in questi giorni, nella realtà è un po’ datata, ne aveva scritto Daria Bonfietti sul “Manifesto”, ne aveva parlato più volte Paolo Bolognesi anche a Pianaccio intervenendo alla nostra manifestazione del 25 aprile dedicata alla Resistenza e alla Costituzione. Dall’archivio del ministero dei Trasporti manca tutta la documentazione inerente alle Stragi fino al 1980, il periodo più sanguinoso, quello delle bombe sui treni, di Ustica e della Stazione di Bologna. Era noto sin dall’ottobre 2022, dalla prima relazione del “Comitato Consultivo delle Attività di Versamento all’Archivio Centrale di Stato e agli Archivi di Stato”, nato nel 2016 dopo le direttive di desecretazione dei governi Prodi (2008, inerente al sequestro e all’omicidio di Aldo Moro, con una lacuna: i documenti di fatto sono rimasti all’interno dello Stato passando da un archivio all’altro), e Renzi (2014, sui servizi segreti, la cui desecretazione è rimasta incompiuta perché non concordata con il ministero della Cultura, destinatario della documentazione con il compito di vigilare sulla sua conservazione, la prima selezione di documenti è avvenuta senza la supervisione di esperti, inoltre le Associazioni dei famigliari delle vittime non sono state né infornate né coinvolte); il vero cambio di passo sulla desecretazione è avvenuto con la direttiva della presidenza del Consiglio di Mario Draghi, con decreto del 2 agosto 2021, riguardante la Loggia P2 e Gladio e la riforma dei criteri di versamento. In questi giorni, questa è la notizia, si è avuta la conferma, da parte della sottosegretaria Fausta Bergamotto, in risposta alle interrogazioni parlamentari, che della documentazione presente al ministero dei Trasporti non vi è più alcuna traccia. Nella relazione del Comitato, di cui fanno parte anche le Associazioni dei famigliari delle vittime, è stato segnalato che molta della documentazione sulle Stragi, che doveva essere presente nei tanti Archivi sparsi per l’Italia, è andata perduta, non solo perché qualcuno l’ha fatta sparire, ma anche a causa delle “trasformazioni istituzionali che hanno comportato accorpamenti di Ministeri e Direzioni Generali, soppressione di strutture e modificazioni di competenze”, a dimostrazione della mancanza nel nostro Paese di cultura degli archivi. Se oggi abbiamo più informazioni, se la digitalizzazione dei documenti è stata avviata lo si deve alle Associazioni dei familiari delle vittime di terrorismo e di mafia e al Centro documentazione Archivio Flamigni che hanno fatto denunce, raccolte di firme, censito gli archivi privati perché, nonostante le direttive, gli Archivi di Stato, l’Archivio Centrale, compresi quelli di Camera e Senato, per anni hanno impedito sia il versamento dei documenti agli organi deputati, sia la consultazione delle carte desecretate. Quello che dovrebbe allarmare tutti i cittadini che da sempre chiedono verità e giustizia, è l’inerzia di una parte della politica che di fatto sulle Stragi ha sempre frenato la società civile e la magistratura, mai alla ricerca delle responsabilità. Chi erano i direttori degli archivi i cui documenti sono totalmente o solo in parte spariti? Non credo che sia difficile risalire ai nomi. Come quei politici che ancora oggi sostengono la pista palestinese per negare la matrice fascista sulla Strage di Bologna, o come l’ex ministro Giovanardi che in questi giorni è ritornato in tv a ribadire che ad abbattere il Dc9 con 81 persone a bordo non è stato un missile ma è una bomba messa al suo interno. Qui non si tratta di libertà di pensiero ma di disprezzo sia nei confronti di chi è rimasto vittima delle Stragi e dei suoi famigliari, sia delle sentenze dei tribunali.