Giunge alle battute finali il processo nato dall’operazione Cerchio dei carabinieri del Ros di Lecce che vede imputati eccellenti tra cui l’imprenditore ed ex sindaco del comune di Carmiano – poi sciolto per permeabilità le infiltrazioni mafiose- Giancarlo Mazzotta.
Sullo sfondo le elezioni per il rinnovo del consiglio di amministrazione, nel 2014, della banca di credito cooperativo di terra d’Otranto che vedeva in lizza il fratello minore dell’ex sindaco, Dino Mazzotta. Ieri, la requisitoria e le richieste di condanna da parte del pubblico ministero della dda Carmen Ruggiero: 8 anni e 6 mesi per l’ex amministratore ritenuto l’elemento di spicco dell’intera inchiesta che prende il nome da una sua frase, contenuta nelle intercettazioni dei carabinieri. “Tanto ci teniamo le mani tra di noi, è un cerchio e diventeremo sempre più forti“, questo il perno intorno al quale ruotava secondo l’accusa l’attività criminosa documentata passo dopo passo, che ha portato poi ai rinvii a giudizio. Le richieste della pm, si diceva. 5 anni e 6 mesi per Luciano Gallo, 54 anni, di Martano il cui nome era già finito nell’operazione Baia Verde, ancora una volta del Ros; 3 anni per Ennio Capozza, 66 anni, di Lecce, allora visurista a contratto della bcc; 6 anni e 6 mesi per Giovanni Mazzotta, 57 anni, di Monteroni, noto come Gianni Conad, cugino di Giancarlo Mazzotta, per gli inquirenti uomo del clan tornese della Scu, 4 anni per Saulle Politi, 50 anni, di Monteroni attualmente detenuto e ritenuto dagli investigatori elemento di spicco dello stesso clan; 2 anni e 6 mesi per Maria Grazia Taurino, 53 anni, di Carmiano, all’epoca dei fatti dipendente di BCC ed addetta ai fidi. Agli imputati sono contestati a vario titolo i reati di estorsione aggravata da metodo mafioso, tentata estorsione, tentata concussione. L’impianto dell’accusa fu confermato dai tecnici di Bankitalia che ispezionarono BCC dopo l’arrivo dei carabinieri e documentarono per iscritto “una progressiva egemonizzazione del CdA, interferenza dell’organo gestorio nell’operatività aziendale, condizionamento delle valutazioni istruttorie in materia creditizia, apertura di conti a favore di clientela referenziata dal presidente, autorizzazione di sconfinamenti e su indicazione del presidente. Gravi irregolarità in materia di antiriciclaggio e mancanza di controlli sul rispetto della normativa antiusura”. Altro elemento di rilievo nell’udienza di ieri, nata per caso come troncone dell’indagine su tre attentati dinamitardi messi a segno a Porto Cesareo (Le) e tangente anche l’inchiesta Baia Verde. la richiesta di invio degli atti relativi alle dichiarazioni di due testimoni, per falsa testimonianza. Gli avvocati difensori prenderanno la parola il 9 e 23 ottobre davanti al tribunale in composizione collegiale. La responsabile di articolo 21 Puglia Fabiana Pacella che seguì l’inchiesta su diverse testate giornalistiche proprio a partire dal 2014, è stata fatta oggetto negli anni di minacce e querele temerarie da parte di due degli imputati e di altre persone coinvolte nella vicenda. Tutti i procedimenti a carico della collega sono stati archiviati. Vittoria anche in tribunale a Roma e Milano dove erano approdati i processi per diffamazione aggravata a suo carico. L’attività giornalistica della collega, unitamente al lavoro della commissione di accesso, portò al commissariamento per mafia del comune di Carmiano (LE). Pacella è difesa dall’avvocato Giuseppe Fornari.