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Vannacci fa spuntare le anime nere anti Meloni

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Il caso Vannacci. È una corsa ad ostacoli. Giorgia Meloni in dieci mesi di governo ha dovuto affrontare cento problemi diversi su molteplici fronti. Ma forse i guai più insidiosi emergono dall’interno delle anime più dure della destra, all’interno e all’esterno di Fratelli d’Italia, il suo partito post fascista.

La presidente del Consiglio ha visto spuntare la destabilizzante sortita del generale Roberto Vannacci, 54 anni, corpo paracadutisti, già comandante della Brigata Folgore. Il suo libro autoprodotto “Il mondo alla rovescia” è scoppiato come una bomba. Tra l’altro dice: «Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!». Il libro di Vannacci è denso di tematiche care alla destra radicale. Fioccano gli attacchi alle minoranze: agli omosessuali, alle femministe, agli immigrati, agli ambientalisti. Per l’alto ufficiale «odiare qualcosa o qualcuno è legittimo, è un sentimento personale». Il generale riduce tutto a una «provocazione personale», tuttavia è un alto grado delle forze armate e suscita entusiasmi nell’estrema destra. Forza Nuova gli offre una candidatura nelle elezioni suppletive a Monza per il Senato, l’interessato ringrazia ma rifiuta.

Le opposizioni sono indignate per le affermazioni del generale pluridecorato dall’Italia e dalla Nato per le pericolose missioni militari svolte in Somalia, ex Jugoslavia, Libia, Afghanistan, Iraq. È sconcertato anche Guido Crosetto, uno dei fondatori di Fratelli d’Italia, ex Forza Italia. Il ministro della Difesa bolla le sortite come «farneticazioni personali», considera essenziale il rispetto delle regole istituzionali anche per gli alti vertici dell’esercito. Indica la strada di procedure disciplinari. A stretto giro di posta Vannacci è rimosso dalla guida dell’Istituto geografico militare di Firenze. Ma il generale non fa marcia indietro su quanto ha scritto nel libro: «Non cambierei nulla».

Una parte consistente di Fratelli d’Italia e della destra esterna al partito della Meloni difende il generale e attacca il ministro della Difesa. Gianni Alemanno, ex Msi, ex An, apre il fuoco: «Crosetto ha umiliato la parte migliore del suo esercito». L’ex sindaco di Roma indica come probabile la nascita di un suo nuovo partito per raccogliere i voti degli elettori di destra delusi: «Non voglio fare la destra della destra ma raccogliere le sensibilità della destra sociale che Meloni ha completamente cancellato». 

Il generale è difeso anche da Matteo Salvini, lo chiama al telefono. Leggerà il suo libro, lo loda per aver «difeso la patria». Il vice presidente del Consiglio, ministro delle Infrastrutture e segretario della Lega scandisce: «Ha diritto di esprimere i propri pensieri». È una sfida a Meloni per sottrarle i voti dell’estrema destra.

Il caso Vannacci fa riemergere, con effetti deflagranti, l’anima più radicale della destra italiana da quella più nera di Forza Nuova, alla leghista, a quella più missina di Alemanno. Rivela un grave problema politico per Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio ha ribadito e ribadisce in ogni occasione la completa svolta di destra democratica da parte di Fratelli d’Italia. Tuttavia qualcosa non funziona nello “zoccolo duro” del suo elettorato più conservatore se non reazionario. Già i casi La Russa e De Angelis l’avevano messa in allerta, ma ora c’è l’allarme.

La faccenda si fa seria per la presidente del Consiglio. Il revisionismo nero della Resistenza antifascista e della storia della Repubblica Italiana sempre di più spunta a sorpresa da quando è nato l’esecutivo di destra-centro diretto dalla presidente di Fratelli d’Italia. Vengono rilanciati i temi del revisionismo di estrema destra già nati all’interno e all’esterno del Msi. È un grave danno anche per la Meloni.

Nel 2024 si voterà per il Parlamento europeo e la maggioranza degli elettori italiani non è né di estrema destra, né nostalgica del Msi, né tantomeno del fascismo. La Dc convogliò nello Scudocrociato la stragrande maggioranza dei simpatizzanti del Ventennio mussoliniano lasciando al Msi un piccolissimo spazio elettorale. De Gasperi, Fanfani, Moro, Andreotti, Forlani, De Mita salvaguardarono la democrazia italiana, contemperando le spinte contrapposte di destra e di sinistra. Alcide De Gasperi diceva: «La Dc è una forza di centro che guarda a sinistra». Ma questa è un’altra storia, quella della Prima Repubblica.


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