Alcuni fogli della destra, quelli che odiano anche Articolo 21, hanno trovato il modo di rappresentare il generale Roberto Vannacci come un novello Giordano Bruno, un martire dell’eresia e del libero pensiero.
Naturalmente non esiste nesso alcuno tra il delirio del generale e la libertà di espressione.
Vannacci ha scelto deliberatamente, e forse in modo premeditato, di tradire il suo giuramento sulla Costituzione antifascista, antirazzista, antimafiosa.
Il generale ha deciso di “spergiurare” e di tradire l’impegno a rispettare i valori della Repubblica e della Costituzione.
Probabilmente lo ha fatto perché ha respirato lo “spirito dei tempi” e ha pensato che se al Presidente del Senato è consentito di accarezzare i busti del Duce, ad un generale poteva essere consentito di sputare sulle minoranze.
Forse avrà ricordato le promozioni e gli elogi tributati agli autori dei pestaggi alla Diaz, a quanti contribuirono alla “macelleria messicana”.
La sua destituzione, dunque non ha nulla a che vedere con il diritto alla critica, ma attiene al mancato rispetto degli obblighi derivanti dal giuramento e dalla divisa indossata.
Le sue parole, infatti, hanno oltraggiato anche chi, al contrario, ha sempre onorato la Repubblica e la Costituzione servendo lo Stato con rigore e lealtà istituzionale.
Se vogliamo dirla tutta il generale Vannacci non andava solo destituito, ma anche accompagnato alla porta della caserma.
Naturalmente restiamo in attesa che provvedimenti analoghi siano annunciati anche contro chi, senza divisa, ma rappresentante delle istituzioni, ha aperto la strada ai generali Vannacci.
(Nella foto la statua del “vero” Giordano Bruno)
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