Nella sua Relazione sulla situazione dello Stato di Diritto in Italia, nello scorso luglio, la Commissione europea ha evidenziato, tra le altre cose, il fatto che attacchi, minacce e altre forme di intimidazioni contro i giornalisti continuano a destare preoccupazione. In particolare, si ricorda che in un anno si sono registrate 30 segnalazioni presso la Piattaforma del Consiglio d’Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti; che sono 20 i giornalisti sotto scorta; che il Centro di coordinamento sul fenomeno degli atti intimidatori contro i giornalisti, istituito presso il Ministero dell’Interno, ha segnalato 28 atti di intimidazione solo nei primi tre mesi di quest’anno (rilevazione ufficiale ma, secondo molti osservatori della società civile, sottostimata), e che il deterioramento delle condizioni di lavoro, dal punto di vista economico, aumenta i rischi per la sicurezza e l’indipendenza dei giornalisti. A ciò si aggiungono le mai risolte questioni del regime penale della diffamazione a mezzo stampa e della cause a scopo imtimidatorio, riguardo alle quali l’ultimo Rapporto del Media Pluralism Monitor sottolinea, per l’Italia, un aumento del livello di rischio che si deve, da un lato, al ritardo del Parlamento nel mettere mano alla riforma della diffamazione e nel varare una legislazione contro le querele temerarie: dall’altro, a una situazione concreta che vede anche alcuni membri del governo, incluso il presidente del consiglio, agire in qualità di querelanti in cause per diffamazione contro i giornalisti.
La lista delle riforme e delle altre azioni da compiere per affrontare questa situazione è lunga, e abbastanza ben conosciuta a chi si occupa di informazione (forse un po’ meno da chi di una informazione corretta e indipendente potrebbe giovarsi). Il problema non è solo italiano, tant’è che a pià riprese la Commissione e il parlamento europeo, come anche il Consiglio d’Europa, sono intervenuti sulla questione della sicurezza dei giornalisti. In particolare, è del 16 settembre del 2021 la Raccomandazione della Commissione relativa alla garanzia della protezione, della sicurezza e dell’empowerment dei giornalisti e degli altri professionisti dei media nell’Unione Europea (Raccomandazione (UE) 2021/1534). Questa Raccomandazione elenca una serie di misure generali e specifiche che gli Stati membri della UE sono chiamati a realizzare. Le raccomandazioni generali riguardano: indagini e azioni penali efficaci e imparziali, la cooperazione tra le autorità di sicurezza e le associazioni dei giornalisti, meccanismi indipendenti di risposta e sostegno, pieno accesso dei giornalisti alle sedi e alle fonti di informazione, la formazione e la protezione economica e sociale. Le raccomandazioni specifiche si applicano alla protezione dei giornalisti durante proteste e manifestazioni (i cui rischi sono cresciuti negli ultimi anni), la sicurezza online e la responsabilizzazione digitale (tra cui la protezione dalla sorveglianza online, ribadita anche dall’articolo 4 della proposta di legge europea per la libertà dei media attualmente all’esame del Parlamento Europeo e del Consiglio), insieme a ulteriori raccomandazioni riguardanti parità e inclusione nel settore dei media.
A che punto è l’attuazione di questa Raccomandazione? Per rispondere a questa domanda, la Commissione Europea ha recentemente avviato uno studio, affidato a un consorzio composto da Intellera Consulting, PwC e Open Evidence, che a sua volta ha lasciato una survey per raccogliere dati e opinioni da vari stakeholder in merito alla Raccomandazione. È importante infatti in primo luogo avere il riscontro dei diretti interessati: giornalisti e loro associazioni, industria dei media, sindacati, organizzazioni della società civile che si occupano di diritti umani, diritto all’informazione e cittadinanza attiva. Il questionario è disponibile al seguente link e rimarrà aperto fino all’8 settembre 2023.
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Centre for Media Pluralism and Media Freedom, European University Institute, Firenze