Diciamolo subito in premessa: quelli che per difendere il generale Vannacci brandiscono la “libertà di espressione”, in realtà stanno strumentalizzando l’art.21 della Costituzione – oltraggiandolo – perché in fondo non hanno neanche il coraggio di dire che condividono quelle affermazioni riprovevoli.
Il richiamo alla “libertà di espressione” è ormai un appuntamento fisso ad ogni dichiarazione con toni e linguaggi discriminatori.
Negli anni scorsi, quando da Segretario Usigrai – insieme all’Esecutivo – volli l’inserimento nel contratto di alcune carte, tra le quali la Carta di Roma, fui oggetto delle solite trite e ritrite accuse di “soviet”.
Ma oggi come ieri vale la pena ribadire che la Costituzione va letta per intero. Non a pezzi. Quindi l’art.21 va letto – ad esempio – insieme all’art.3, quello sulla non discriminazione.
E insieme all’art.10, sull’accoglienza.
Fino alle Disposizioni transitorie e finali, dove – tra le altre cose – si afferma il valore antifascista della nostra Carta fondamentale.
A ribadire questi concetti e a sbugiardare coloro che provano la bieca strumentalizzazione della Carta, ci ha pensato nei giorni scorsi la Cassazione.
Che ha affermato che “il diritto alla libera manifestazione del pensiero, cui si accompagna quello di organizzarsi in partiti politici, non può essere equivalente o addirittura prevalente, sul rispetto della dignità personale degli individui”; specie, aggiunge la Corte, quando si tratta degli individui più fragili, come le persone migranti.
Paroli chiare: la libertà di espressione non può essere né prevalente né equivalente al rispetto della dignità umana.
Si rassegnino i razzisti e i discriminatori nostrani: lasciate in pace l’art.21, siete fuori dalla Costituzione italiana.