La notte del 5 agosto 1944, settantanove anni fa, Andrea Raja segretario a Casteldaccia della Camera del lavoro e della sezione del Pci, fu ucciso dalla mafia per avere pubblicamente accusato gli speculatori, protetti dalla mafia, di addossare solo ai contadini l’obbligo previsto per l’ammasso obbligatorio del grano alleggerendo i grandi proprietari e favorendo un mulino locale di amici. Andrea aveva osato ribellarsi, alzare la voce e chiamare alla mobilitazione i contadini che sperimentavano i primi timidi spazi di libertà politica dopo vent’anni di dittatura fascista. Ciò avveniva in un quadro d’incertezze, contraddizioni, di fame e distruzioni, mentre la guerra contro il nazifascismo proseguiva al Centro-Nord dell’Italia e in Europa sostenuta dagli alleati e dai movimenti partigiani. Mi spiegò anni dopo Mommo Li Causi, siciliano di Termini Imerese, storico dirigente del Pci nazionale che in quei giorni dell’assassinio, inviato dal suo partito, era in Sicilia, come fu difficile comprendere subito la matrice politico-mafiosa di quel delitto, Essa fu chiarita per la testimonianza della mamma di Andrea presente sulla scena del delitto, per la partecipazione popolare ai funerali,ma come per quasi tutti i delitti di mafia dell’immediato dopo guerra non fu mai fatto processo. La storia ha riconosciuto la natura mafiosa del delitto e nel 1990 la lr n.20 assegnò agli eredi il previsto indennizzo. Ad Andrea Raja nel 1963 fu intitolata la nuova sezione del Pci ricostituita dopo vent’anni dall’assassinio del quale nessuno voleva parlare. I promotori furono un gruppo di giovani e vecchi compagni da me sollecitati. Raja fu vittima di mafia per il suo impegno sociale a favore dei soggetti più deboli, e come tutte le vittime innocenti di mafia fu un modello etico e politico per i costruttori della democrazia della quale usufruiamo attualmente. La strage di Ciaculli del 1963, la seconda guerra di mafia degli anni 70/80, i processi che seguirono, compresi quelli internazionali come “Pizza Connection”, la confisca di alcuni patrimoni mafiosi, hanno messo in luce il ruolo avuto dalla mafia di Casteldaccia e della zona. Parlare di Raja significa capire come tenta oggi la mafia di riorganizzarsi, dopo le cocenti sconfitte grazie alla legislazione antimafiosa promossa dall’attuazione della legge Rognoni-La Torre. La diffusione della droga, ma non solo, è uno dei segnali di una rinnovata presenza che va subito contrastata sul piano culturale, politico oltre che giudiziario. Parlare di tutto ciò deve significare prima di tutto informare e formare i giovani perchè con il loro impegno dal basso scuotano gli indifferenti. La mafia di oggi spara di meno, ma corrompe di più utilizzando la sua forza d’intimidazione e penetra più profondamente nel tessuto economico, sociale e politico. La memoria non deve fermarsi alla ritualità della ricorrenza, ma continuare ogni giorno l’azione di prevenire e contrastare il fenomeno mafioso come hanno saputo fare gli organizzatori della lotta per la riforma agraria, i diritti del lavoro, la pace, la difesa dell’ambiente, contro l’ingiustizia, la disuguaglianza, lo sfruttamento delle persone. Tocca alle nuove generazioni il compito di consegnare ai loro eredi un futuro di libertà e felicità.