Il cortese sottosegretario, già giornalista di Mediaset e Presidente discreto della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai come parlamentare in quota Forza Italia, ha commesso un errore particolarmente sgradevole.
Nell’articolo 2 (comma 1 lettera f) del DPCM varato lo scorso 11 luglio 2023 dedicato alle agenzie di stampa, si introduce la categoria del Garante adibito a sorvegliare la qualità dell’informazione contro le fake news. Si tratta di per sé di un organismo ultroneo, non previsto dalla normativa e dai contratti. Anzi. Una simile figura, che verrebbe ad introdursi nel cuore decisionale delle redazioni dall’esterno, ha di fronte a sé due strade: o non contare nulla, o -al contrario- fungere da controllore delle scelte editoriali. In ogni caso, risulta evidente l’illegittimità di simile scelta, che si presta a facili (e probabili) ricorsi presso la giustizia amministrativa.
Dopo le rimostranze sindacali, Barachini ha pensato bene di scrivere una circolare interpretativa (n1/2023). Purtroppo, il testo di indirizzo fa persino peggio, affermando perigliosamente che si tratta di “un presidio collaborativo rispetto agli organi di direzione”. Insomma, si introduce una vera e propria nuova professionalità non immaginata in nessuna disciplina di riferimento.
Com’è noto, né un decreto del Presidente del Consiglio né una mera circolare possono novellare la struttura legislativa.
Tuttavia, essendo il sottosegretario certamente persona saggia e intelligente, si può supporre che ci sia dell’altro.
L’altro potrebbe essere rintracciato, ad essere un po’ maligni, nella crescente volontà della maggioranza di destra di insinuarsi nell’indipendenza dell’informazione e della cultura.
L’assalto alla Rai, il commissariamento di fatto del Centro Sperimentale di cinematografia, gli attacchi costanti alle testate considerate scomode e al giornalismo di inchiesta ( quest’ultimoneppure previsto dal testo in discussione del nuovo Contratto di servizio del servizio pubblico) sono il tratto di congiunzione delle politiche della destra. Per non dire del ricorso costante alle cosiddette querele temerarie, che rappresentano una forma di censura preventiva.
Insomma, non stupisce che una manina cattivella abbia voluto inserire le righe in questione. Magari alla prima curva (un semplice ricorso al Tribunale amministrativo, ad esempio) tutto svanirà come neve al sole. Ma, intanto, il messaggio è stato inviato: ci siamo, sorvegliamo e puniamo.
Per fortuna, nel mondo della comunicazione il conflitto non si è spento ed esistono la Federazione della stampa o associazioni come Articolo21 che non si piegano facilmente,
Un suggerimento al sottosegretario: gli è sfuggito nella scrittura un errore di ortografia.
Si corregga e riveda il testo, prima che arrivi la bocciaturacon disonore in qualche sede formale.
Non ci si illuda che il tentativo di “cambiare la narrazione”, come si invoca, sia un pranzo di gala.