Il Veneto (non la Calabria) richiama i candidati bocciati ai corsi di operatori sanitari (oss) per coprire i posti delle RSA altrimenti non in grado di accettare gli ospiti previsti in queste strutture, dove già si consumò la tragedia più grave della pandemia di Covid, perché chi è in una RSA è sempre e comunque una persona fragile. La loro vita dipende soprattutto da chi li segue come personale paramedico. Credetemi, è così.
In Veneto, regione fra le migliori per la sanità pubblica, mancano 3500 medici e più di 2000 operatori e infermieri per le case di riposo. La Regione ha ritenuto di riaprire di fatto i concorsi e fare entrare quasi tutti. Sufficienti, insufficienti, non conta. Servono presenze, il famoso capitale umano.
Nella cosiddetta Venezia “d’acqua” ci sono 45 medici a lavoro, la metà dei quali lascerà entro il 2024: E’ una città scomoda e con un altissimo costo della vita. Trovare medici e infermieri non sarà facile, tanto che la Regione ha fatto partire una campagna “Dottore la città più bella del mondo ti aspetta”, naturalmente a livello internazionale. Qualche medico arriverà, ma poi arriveranno i soldi per pagarli?
In Lombardia è ben noto il caso del gruppo privato convenzionato San Donato che a Zingonia in provincia di Bergamo sta provando a istituire una sorta di “intramoenia” anche nel pronto soccorso: chi paga (149 euro) salta la fila, ma non per i codici rossi. In pratica un servizio di pronto soccorso privato, molto utilizzato finora per problemi ortopedici.
Ma a Milano e a Roma – qualche caso anche a Firenze, Torino e Napoli- dopo gli anni del Covid e il sempre più grave disagio degli ospedali pubblici, si sta diffondendo a macchia d’olio il servizio di pronto soccorso h24 nelle maggiori cliniche cittadine, alcune convenzionate con il sistema sanitario nazionale, altre no. Grandi cartelloni inondano le strade della capitale spiegando questi nuovi servizi e spesso hanno anche pronto soccorso specialistici: cardiologico, neurologico, ortopedico. Questa estate per la prima volta molte cliniche romane hanno fatto pacchetti di offerte per degenze complete per anziani o malati cronici anche nel mese di agosto, per risolvere i problemi di molte famiglie. I primi dati parlano di un grande successo. Nei quartieri ricchi, s’intende.
La sofferenza nei pronto soccorso di tutta Italia è materia di inchieste giornalisti che e giudiziarie da mesi. L’estate ha fatto scoppiare alcune situazioni, come quella dell’Abruzzo, dove il governatore Marsilio (centro destra) ha lanciato un grido di allarme al ministro Schillaci dicendo in verità le cose come stanno: se il personale del pronto soccorso non lo pagate meglio in pochi mesi resteranno vuoti e non si saprà come fare.
Si potrebbe continuare con decine di dati di tutta Italia sui tempi delle liste di attesa, sul turismo sanitario tutto da sud verso nord, sulle visisteintramoenia che si prenotano in 48 ore e se le chiedi con il SSN te le fissano a due anni, con i medici di famiglia che a casa non visitano più, con le norme igieniche e di prevenzione che in qualsiasi ospedale ormai fanno orrore, con la diffusione di infezioni ospedaliere, molte delle quali mortali, nei nostri ospedali ai livelli più alti dì Europa, dopo di noi Grecia e Romania. E con il giro di affari della sanità privata che supera i 60 miliardi.
Ricordiamo tutti che una sola cosa abbiamo sperato nei momenti più duri del Covid: servirà per migliorare la sanità pubblica, si stanno capendo tante cose, almeno avremo imparato. No. Non abbiamo imparato niente.
Ora che i ministri Giorgetti e Fitto, sempre nel rigoroso silenzio della presidente del consiglio, hanno detto a chiare lettere che i soldi per la manovra finanziaria non ci sono, che i progetti del PN RR sono in ritardo, che bisogna andare col cappello in mano in Europa e sperare che ci aiutino (che poi vuol dire che se le cose andranno male la colpa sarà dell’Europa), ora che sappiamo con certezza che neppure i 5 miliardi stanziati per la sanità saranno utilizzati, siamo sicuri di averedavanti interventi di spending review proprio come quelli con cui 20 anni fa Tremonti cominciò a massacrare la sanità pubblica riducendola in condizioni pietose.
Gli italiani dovrebbero saperlo sulla base delle esperienze personali, anche se i TG della Rai non ne parlano. I politici di opposizione dovrebbero saperlo e basta. Eppure la sanità pubblica da difendere, sempre citata ma mai messa al centro di iniziative forti, non riesce a entrare nell’agenda prioritaria del paese. Siamo stati convinti dai media che essendo un paese longevo non abbiamo problemi, che il nostro guaio è solo la denatalità e non gli anziani (che interessano solo al Vaticano ormai), che abbiamo una delle zone blu del mondo, l’Ogliastra in Sardegna, dove si concentrano i centenari. Di una donna che muore a 50 anni di tumore perché non aveva i soldi per farsi nel privato una mammografia non interessa niente a nessuno. Liberismo sanitari all’americana? Ma non abbiamo detto per decenni che quella cosa lì proprio non la volevamo e che il nostro SSN era il migliore del mondo? Poi un giorno la USL, unità sanitaria locale, è diventata ASL, azienda sanitaria locale, e si aperto il baratro.