Il comitato studentesco del Centro sperimentale di cinematografia ha scritto una toccante lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla ferita inferta alla prestigiosa scuola dalcosiddetto decreto-legge Giubileo divenuto convertito lo scorso 3 agosto.
Il manifesto (Cristina Piccino, 5 agosto) ha parlato ampiamente dell’orrenda conquista del Centro e delle dimissioni della presidente Marta Donzelli, nonché delle consigliere Cristiana Capotondi e Guendalina Ponti. L’altro esponente, il compianto Andrea Purgatori, ha lasciato la vita terrena poco appena prima del misfatto.
Eppure, proprio la bella lotta di studentesse e studenti -cui hanno aderito oltre cinquemila persone, registi come Wim Wenders o Alice Rohrwacher o Marco Bellocchio o Matteo Garrone insieme ad altre numerose firme, almeno venticinque organizzazioni, entità nazionali e internazionali (dall’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico alla Cineteca nazionale boliviana all’Associazione dei produttori latino-americani)- aveva fatto sperare che l’osceno emendamento introdotto furtivamente da un gruppo di parlamentari venisse stralciato. Di fronte ad una protesta tanto ampia e significativa in un paese di normalità democratica sarebbe stato proprio il governo a raffreddare gli ardori di coloro che hanno vergato un testo dubbia legittimità. Vedremo, infatti, se resisterà a lungo un’invenzione normativa contra personam escogitata per anticipare le dimissioni dell’attuale vertice e affidare ruoli ultronei al Comitato scientifico. Quest’ultimo, di nomina spartita tra i ministeri appartenenti alle varieanime della maggioranza, viene caricato di compiti eccedenti le funzioni tipiche di un simile organismo.
Nella lettera si esprime «…la volontà di continuare a parlare di cinema come arte collettiva, che nasce dal basso e che ha bisogno di un continuo confronto per conservare quella libertà di espressione che è fulcro della democrazia, in particolare in un luogo di formazione e di eccellenza come la Scuola Nazionale di Cinema… Solo attraverso il rispetto e la tutela della diversità culturale potremo crescere come nazione e affrontare le sfide future in modo coeso e solidale…(e si conclude, ndr)Restiamo fiduciosi nel Suo impegno a favore della cultura e dei valori che ci formano come liberi cittadini».
Chissà se qualcosa si muoverà.
Tuttavia, è opportuno non considerare la cavalcata nera verso il Centro sperimentale un episodio isolato. Comincia, infatti, ad appalesarsi lo sguardo crudele di una destra invidiosa della storia democratica del cinema e della produzione culturale, che oggi intende cambiare -come invoca il ministro Sangiuliano- la narrazione. Tradotto: occupare l’immaginario collettivo,considerato (quanta benevolenza) preda di un’onnivora sinistra. Si tratta di un espediente retorico, utile solo ad attribuire qualche valenza strategica ad una mera conquista del potere (e del sotto potere). Dalla Rai al cinema, per non parlare di tutto il resto.
Simile acredine autoritaria ha pure dalla sua l’arata consuetudine di ricorrere a forme di violenza simbolica, per evidenziare con rozza insistenza chi comanda e dare a chi si oppone un chiaro messaggio: o con noi, o contro di noi.
Però, non si comprenderebbe di quale miscela sia composta la destra italiana, se non si allargasse lo sguardo. E si vede, ad esempio, che la faccia dura si accompagna alla soggezione ai crudi richiami del capitalismo liberista.
Alle autostrade aperte alle major d’oltre oceano con la revisione della disciplina sulle quote obbligatorie di produzione italiana ed europea, si unisce l’ulteriore avvitamento del tax credit, vale a dire il credito di imposta. Quest’ultimo, con la scelta annunciata di concederlo in misura maggiore alle società già collocate nel mercato e danarose in luogo di quelle che vogliono crescere in modo indipendente, è un caso di scuola di lotta di classe dei ricchi contro i meno abbienti.
Ma la clamorosa vertenza in corso a Hollywood è il presagio di qualcosa. E il vento potrebbe arrivare fino a noi.