Non c’è più tempo da perdere, sul tema della violenza contro le donne è ora di passare dalle parole ai fatti. La Premier Giorgia Meloni vada subito a Caivano. E in attesa di capire come intende garantire sicurezza ai cittadini in tanti territori difficili, abbracci don Maurizio Patriciello con quella empatia che ha dimostrato di avere con i governanti di mezzo mondo . Faccia sentire che la lotta alla mafia è una questione importante. Solo così potremo avere un segno che quello che sta accadendo non fa parte delle notizie di fondo pagina . Sì perché la violenza alle due ragazzine, in un locale abbandonato di Parco Verde a Caivano, la messa domenicale disertata dagli abitanti del quartiere, la paura e lo sgomento negli occhi di don Maurizio Patriciello si sposano con la notizia del commando che a volto coperto e pistola in pugno è entrato in un bene confiscato a Grazzanise ( Graziella di Mambro su Articolo21).
Due narrazioni del Paese. Una che non dispone più di spazi nelle televisioni se non nel momento preciso della violenza: lo stupro. E un’altra con grida che si levano da don Ciotti a don Patriciello, dove la Chiesa, quella che da don Minzoni a don Gallo ha percorso la strada della denuncia e a volte della perdita stessa della vita come accaduto a don Peppe Diana, e rimane una Chiesa ferma e coraggiosa. Ma i talk show, le dichiarazioni dei politici, degli amministratori locali, i commenti degli esperti, assistenti sociali, psicologi , si rimpallano la violenza sessuale eludendo il fatto gravissimo che ci sono territori a un’ora da Roma dove nessun diritto ha più valore. Le parole del Presidente Mattarella al meeting di CL arrivano con un’eco lontana: a Caivano e a Grazzanise non c’è più l’Italia della Costituzione , quel Paese di valori condivisi nato dalla seconda Guerra Mondiale.
E per noi giornalisti sembra la fine di una storia partecipata in cui i ruoli di chi racconta si intrecciano con quelli delle Forze dell’Ordine e della Magistratura nel tentativo di rendere nota una situazione da combattere tutti insieme, affinché l’abuso, il reato, siano contrastati in tutte le sedi. No, oggi la notizia che don Patriciello si senta abbandonato e in pericolo non smuove la gente in un corteo spontaneo. C’è paura . Disinteresse. Assuefazione. Non siamo nell’ultimo lembo dei nostri chilometrici confini, siamo a un’ora o poco più dalla Capitale. Da quel Palazzo del Governo in cui si snocciolano tutti i buoni propositi. Si può pensare a un’economia legale se la vendita di droga è alla base dello strapotere della camorra, della ‘ndrangheta , della mafia e delle nascenti mafie autoctone legate ai clan degli zingari, alle sacche degli irregolari assoldati per lo spaccio nelle piazze di tutta Italia? L’anello debole, i bambini, gli adolescenti, nei quartieri più a rischio, ne fanno le spese. Le due ragazzine violentate sotto gli occhi di un intero quartiere, che in parte sapeva, che cosa ci dicono? Ci rivelano che la camorra è “proprietaria” di quei luoghi. E se si arriva a tanto e anche don Patriciello teme per la vita sua e della scorta, cosa dovrebbero fare le Istituzioni? Non meno di un vertice immediato per la sicurezza pubblica. Non meno di un Consiglio dei Ministri a Caivano. Non meno di una aperta guerra dello Stato alle mafie.
Non è così, non solo a Caivano ma in tante parti del Paese dove non si arriva allo stupro di gruppo coperto dai mafiosi ma si rovinano le famiglie “ scomode” grazie ad amministrazioni compiacenti. La conquista dei territori ha molte facce e avviene grazie a coperture e ricatti. Le mafie vincono dove l’arricchimento è l’unica meta. Caivano , un luogo simbolo dei soldi, del fiume di denaro legato alla droga. L ultima tappa del rapporto Stato- Mafia. Passato dalle stragi ai delitti. Per dire” basta” oggi si parta da Caivano o da Grazzanise. Lo Stato si riprenda quel che è suo e lo restituisca ai cittadini. La crisi economica, i prezzi alle stelle, i cataclismi ambientali , una emigrazione senza integrazione e, aggiungiamo, una disparità di trattamento economico all’interno delle categorie professionali rendono l’Italia un Paese fortemente a rischio. Che il Governo prenda atto della presenza delle mafie e dei loro interessi ormai radicati, cementati da un rapporto corruttivo con le pubbliche amministrazioni. Che il Governo e le Regioni prendano atto che non ci sarà leader vincente in un Paese senza classe dirigente. Senza l’indignazione che smuova le coscienze . E più giù di Caivano ormai non si può scendere. Sembra la fine di tutto e sembra di leggere questo nello sguardo smarrito di un Parroco eroico. Anche noi dobbiamo smettere di stare a guardare. Ritroviamoci a messa nella parrocchia di don Maurizio, l’ultima domenica di settembre a Caivano, giornalisti e no, credenti e no.
(Nella foto don Maurizio Patruciello)