Questa condanna ci riguarda,per molte ragioni.
Zaky è stato sanzionato, anzi punito e oltraggiato, per aver espresso un pensiero critico, per aver denunciato un regime oppressivo e illiberale.
Lo hanno condannato perché i regimi di ogni colore non sopportano le luci dell’informazione, quello egiziano si è sempre distinto per brutalità; nelle loro carceri ci sono già centinaia di oppositori e difensori dei diritti umani
La condanna è stata preceduta da una tortura “a rate”, carcere, domiciliari, udienze rinviate, poi ancora carcere.
La sua reclusione ci riguarda perché Zaky studiava a Bologna, dove si è appena laureato, e, addirittura, il Parlamento italiano lo aveva dichiarato cittadino italiano, un voto restato senza conseguenze.
Qualche tempo fa il governo italiano, a proposito della richiesta di processare i presunti sequestratori e assassini di Giulio regeni, aveva rifiutato di presentarsi davanti ai giudici italiani, ma aveva annunciato la volontà di “collaborare” del regime e del dittatore Al Sisi.
Ora cosa faranno i nostri governanti? Convocheranno l’ambasciatore? Sospenderanno la fornitura di armi? Difenderanno una dignità nazionale, già calpestata in questi anni di latitanza e di mancato sostegno a chi reclama verità e giustizia per Giulio regeni?
La debolezza della reazione, manifestata da governi di diverso colore, ha dato forza a chi ha voluto dare una lezione anche a patrick Zaky.
In queste ore, a Bologna e non solo, i suoi amici, la comunità universitaria, Amnesty, decine di associazioni hanno già promosso inziative di protesta.
Articolo 21 darà voce a quanti scenderanno in piazza per reclamare il rispetto dei diritti umani per Zaky, per regeni, per i tanti egiziani imbavagliati e incarcerati dal regime.
Per Zaky, per i suoi familiari per i suoi amici, iniziano i mesi più tristi e spetterà a ciascuno di noi diventare scorta mediatica e impedire che al buio della ingiustizia, della galera, si aggiunga anche quello della codardia, del tradimento della dignità nazionale, dell’indifferenza.