Una madre e una figlia abbandonate nel deserto tra Tunisia e Libia, morte di sete e stenti l’una accanto all’altra Un orrore fermato in uno scatto dal giornalista libico Ahmad Khalifa. Una foto simbolo che sbattono in faccia a chi non vuole vedere le conseguenze delle politiche di respingimento favorite da vergognosi memorandum come quello firmato dall’Unione europea e dalla Tunisia. Siamo disposti a pagare centinaia di milioni di euro per far morire i migranti lontano dai nostri occhi.
Quello suggellato da Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e Mark Rutte con il presidente Kais Saied è un accordo con poche luci e molte ombre.
Ci stanno raccontando che il Memorandum d’intesa tra Ue e Tunisi è “una svolta che rafforza le relazioni e la cooperazione in materia di migrazione con i Paesi del Nordafrica”, come ha tenuto a sottolineare la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni.
E invece non lo è. È tutt’altro che “un modello virtuoso di partenariato”, seppur raggiunto dopo ampi sforzi diplomatici. Semplicemente si tratta dell’ennesimo accordo che legittima qualsiasi azione si ritenga lecita per contenere i flussi migratori.
La Meloni, accompagnata dalla presidente della Commissione europea e dal premier olandese Rutte, ha espresso “grande soddisfazione” dopo l’incontro con il presidente Saied al palazzo presidenziale, definendo quello che si è concluso a Tunisi “un percorso verso una solida partnership basata su cinque pilastri, tra cui la stabilità macroeconomica, il commercio e gli investimenti, la transizione verso l’energia verde, i contatti interpersonali e la migrazione”.
Ma l’unica certezza, per ora, è che il memorandum rappresenta un punto di partenza per una collaborazione più profonda tra Ue e Tunisia che comporterà “sforzi” reciprocamente vantaggiosi
L’UE ha promesso un consistente pacchetto di investimenti e sostegno diplomatico per aiutare la Tunisia a ottenere un prestito dal Fondo monetario internazionale (FMI), con l’obiettivo di alleviare la sua grave crisi finanziaria ed evitare il rischio di default. Mossa che ha piegato le resistenze di Saied.
Ma chi conosce bene il contesto tunisino e il modus operandi dell’autoritario presidente non può che comprendere che di fatto si stanno solo legittimando nuove violazioni di diritti o e torture.
Siamo di fronte alla riproposizione di “modelli” di gestione dei flussi migratori affatto vistosi. Assisteremo alla replica di quanto accaduto in Libia e in Turchia.
Abbiamo già appurato i danni di un accordo che, bypassando il parlamento con lo strumento del “Memorandum”, poco più di una lettera di intenti senza l’avvallo di tutti gli Stati coinvolti, garantisce fondi a governi che non hanno certo il baluardo dei diritti come principio prioritario.
È stato sottoscritto “un patto col diavolo” che autorizza Tunisi a fermare con ogni mezzo i tentativi di fuga dal paese.
E non solo i giovani tunisini oppressi da una crisi economica e sociale senza fine, ma migliaia di subsahariani la cui vita è messa a rischio dai proclami razzisti di Saied.
Non è il primo Memorandum che si stringe con la Tunisia ma la fase particolare che sta attraversando il Paese lo rende ancora più pericoloso.
Da settimane in Tunisia si registrano deportazioni di massa verso il confine libico e algerino. 1.200 persone sono state lasciate per giorni senza cibo e acqua, inclusi bambini e donne incinte. A Sfax migliaia di persone vivono per strada dopo essere state cacciate dalle loro case. La polizia ha sparato ad altezza d’uomo.
Il Memorandum, sponsorizzato dal Governo italiano, ignora volutamente tutto questo.
E bisogna denunciarlo. Si stanno profilando ulteriori crimini contro una larga fetta di umanità di cui non vogliamo essere complici restando in silenzio.