L’Associazione Nazionale Magistrati riceve, nelle mani del suo presidente Giuseppe Santalucia, il premio che art. 21 ha voluto assegnare “alle comunità, alle donne e agli uomini, che si battono ogni giorno per difendere la Costituzione, i diritti civili e una convivenza che non dia spazio allo squadrismo e alla disperazione”.
In questi giorni si è parlato e si è letto molto dell’Anm. Molti dei presenti avranno letto la bella l’intervista che il presidente Santalucia ha rilasciato ad art. 21. Sono stati da più parti sottolineati la ricchezza e precisione dell’argomentazione e la pacatezza dei toni che il presidente Santalucia ha utilizzato nei suoi interventi pubblici. Qualità che, al contrario, non si abbiamo visto in recenti dichiarazioni di “fonti” istituzionali e di esponenti del Governo. Si è parlato a proposito di alcuni atti giudiziari di precoce “campagna elettorale per le elezioni europee” e il Ministro ha dichiarato che“se “il rappresentante di un sindacato di magistrati, prima che fosse noto il testo del disegno di legge, pronuncia tutta una serie di critiche severissime”, allora, “secondo me in corretto italiano significano interferenze“.).
Anche per offrire una corretta informazione sull’effettiva realtà del ruolo e della natura dell’Associazione che, per Statuto e nei fatti, ha il compito di difendere e garantire la funzione giudiziaria in conformità con le norme costituzionali, non è male allontanarsi per un attimo dalla cronaca e volgere, in poche battute, uno sguardo all’ indietro.
L’Associazione generale dei magistrati italiani (poi semplicemente Associazione nazionale magistrati) nasce 114 anni fa (il 13 giugno 1909) per iniziativa di uno sparuto gruppo di 44 magistrati, rappresentanti di quella che era definita la “bassa magistratura” (in realtà due terzi dell’organico) divenuti 2067 nel breve volgere di un quinquennio. Nascita travagliata, in realtà, per l’ostilità dei vertici della Corte di Cassazione e del Ministro della Giustizia dell’epoca, il liberale Vittorio Emanuele Orlando, che si rammaricava pubblicamente (con espressioni che evocano quelle del Ministro della giustizia pro tempore) che tra i magistrati fosse invalso il “costume di pubblicamente interloquire intorno a questioni attinenti l’esercizio dell’ufficio loro, sia sotto forma di interviste, sia con lettere o con articoli” , osservando da fine giurista qual’era che “la discussione combattiva di idee, di tendenze, quando si svolge nel seno di funzionari, costituisce per se stesso un atto che ha valore ed efficienza politica nel largo senso di questa espressione”.
Era inevitabile che il regime fascista, che non ha mai gradito che “si disturbasse il manovratore, abbia subito cercato di rimettere l’Associazione sui binari del nuovo corso politico, ingiungendole di trasformarsi in sindacato fascista. Ma l’Associazione, con la combattività e la coerenza, non solo politica, che costituiscono elementi del suo dna, preferì sciogliersi e accettare la repressione del regime nei confronti dei suoi dirigenti. Caduto il regime e abolito il divieto fascista di partecipazione dei magistrati al dibattito politico pubblico, con la circolare del giugno 1944 del Ministro della giustizia del primo Governo Badoglio, il liberale Vincenzo Arangio Ruiz, l’Associazione si è immediatamente ricostituita.
L’Anm ha svolto un ruolo molto rilevante nel combattere le fortissime resistenze all’ attuazione della Costituzione, iniziate subito dopo la sua entrata in vigore e, come vediamo, ancora non completamente superate. Nel suo congresso di Gardone del settembre 1965, fu approvata all’unanimità una mozione con la quale si afferma che il giudice “ deve essere consapevole della portata politico-costituzionale della propria funzione di garanzia, così da assicurare, pur negli invalicabili confini della sua subordinazione alla legge, un’applicazione della norma conforme alle finalità fondamentali volute dalla Costituzione”.
Oggi su 9.657 magistrati in servizio 9.149 sono iscritti all’Associazione.
Come ricorda il documento approvato all’unanimità dal Comitato direttivo l’8 luglio scorso, l’ANM nel corso degli ultimi settanta anni “ è stata voce libera ed ascoltata, perché è la voce di chi esercita un ruolo essenziale nella vita della Repubblica, e per questo è portatrice di conoscenze e fautrice di proposte, in quanto animata dal solo proposito di rendere migliore il difficile compito dell’esercizio della giurisdizione, presidio dei diritti e delle libertà dei cittadini. Lungi dall’essere un’interferenza, è la pretesa di essere ascoltati perché portatori di conoscenze ed esperienze proprie del nostro ruolo; e perché tra i compiti – altissimi – della nostra Associazione vi è quello, irrinunciabile, di presidiare i valori essenziali dell’indipendenza e dell’autonomia, e di tutti quelli che vi sono indefettibilmente collegati. Ecco perché non rinunceremo mai a far sentire la nostra voce; ed ascoltarla, da parte di chi ha poi la responsabilità di compiere le scelte come espressione della sovranità popolare, è, per noi, indice, e dimostrazione, della qualità della democrazia.”
Concludo. Nell’Associazione convivono, con reciproco rispetto, e in modo unitario nei momenti più importanti della sua storia, culture e sensibilità diverse, anche articolate in strutture organizzate. I suoi dirigenti, il presidente Santalucia tra questi, hanno sempre affrontato questa non semplice realtà con equilibrio, sapienza e moderazione. Ma quello che soprattutto unisce i magistrati italiani e’ il giuramento di fedeltà alla Costituzione. Per i magistrati italiani, per ogni magistrato italiano, quel giuramento non è l’occasione per mettere il vestito delle occasioni importanti. E una cosa molto seria, è il momento in cui la Costituzione entra nella loro mente e nel loro cuore. Per rimanerci. Perfino quando per ragioni di età dovranno togliersi la toga dalle spalle.